"Mancare la terra sotto i piedi" è una locuzione che, secondo il vocabolario, indica il trovarsi improvvisamente in una situazione di rischio o incertezza, dovuta ad aiuti o altro su cui si contava e che invece vengono meno in un momento critico. Ma non per tutti si tratta solo di un modo di dire. Agli abitanti delle province di Rovigo, Ravenna e Ferrara, infatti, la terra sotto i piedi manca in senso letterale da quando, negli anni '50, le massicce estrazioni metanifere nella zona hanno dato il via a un marcato fenomeno di subsidenza che ha portato nel giro di pochi anni a un abbassamento medio del livello del suolo di oltre due metri, con punte di circa quattro metri.

Per contrastare gli effetti del fenomeno, in un forum promosso dall'Anbi nella Sala Atti Parlamentari della Biblioteca 'Giovani Spadolini' del Senato a Roma, sono state presentate le firme delle istituzioni territoriali per il rifinanziamento della cosiddetta 'Legge Ravenna'. Nonché la richiesta di finanziamento nella stessa area di progetti per la messa in sicurezza del territorio e l'approvazione di una norma per l'eliminazione degli 'oneri di sistema' sulle forniture di energia elettrica finalizzate al funzionamento degli impianti idrovori ricadenti nei territori subsidenti; oneri che oggi pesano fino al 38%.

"E' ingiusto che i territori di Veneto ed Emilia Romagna, fra l'altro importanti asset turistici, continuino a pagare, da soli, le conseguenze di scelte prese dai governi dell'epoca" ha evidenziato Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue. "Per questo, il problema subsidenza deve tornare ad essere una responsabilità nazionale e non gravare solo sulle comunità locali, i cui Consorzi di bonifica devono godere delle tariffe elettriche riservate ai soggetti energivori".

A fare eco sono gli assessori regionali all'Ambiente dell'Emilia Romagna e all'Agricoltura del Veneto, Paola Gazzolo e Giuseppe Pan, che condividendo le richieste dei Consorzi di bonifica, sottolineano gli impegni economici e infrastrutturali cui sono chiamati per far fronte a una situazione di dissesto indotto da causa esterna.

La posizione, condivisa dai parlamentari presenti al forum, tra cui gli onorevoli Filippo Gallinella e Diego Crivellari (quest'ultimo estensore di un'apposita proposta di legge), ha trovato anche il sostegno del sottosegretario all'Ambiente, Barbara Degani, impegnatasi a sostenere le richieste in questa fase di scelte per la prossima Legge di Stabilità.
Un'apertura verso l'indispensabile quanto onerosa azione di salvaguardia idrogeologica, svolta dai Consorzi di bonifica, è arrivata anche da Emilio Gatto, direttore generale dello Sviluppo rurale presso il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

La portata del problema è stata evidenziata da Giancarlo Mantovani, direttore dei Consorzi di bonifica polesani: "I territori delle province di Rovigo, Ferrara e del Comune di Ravenna sono stati interessati dallo sfruttamento di giacimenti metaniferi dal 1938 al 1964; l'emungimento di acque metanifere innescò un'accelerazione, nell'abbassamento del suolo, decine di volte superiore ai livelli normali: agli inizi degli anni '60 raggiunse punte di due metri ed oltre, con una velocità stimabile in 10-25 centimetri all'anno; misure successive hanno dimostrato che l'abbassamento del territorio ha avuto punte massime di oltre tre metri dal 1950 al 1980. Recenti rilievi effettuati dall'Università di Padova hanno evidenziato un ulteriore abbassamento di 50 centimetri nel periodo 1983-2008 nelle zone interne del Delta del Po".

L'"affondamento" del Polesine e del Delta Padano ha causato un grave dissesto idraulico e idrogeologico, nonché ripercussioni sull'economia e la vita sociale dell'area. Tutti i corsi d'acqua si sono trovati in uno stato di piena apparente, perché gli alvei e le sommità arginali si erano abbassate, aumentando la pressione idraulica sulle sponde ed esponendo il territorio a frequenti esondazioni.

Si è reso indispensabile il riordino di tutta la rete scolante e degli argini a mare e, per fronteggiare la nuova situazione, gli impianti idrovori (attualmente 201 nel rodigino, 170 nel ferrarese e 144 nel ravennate) hanno cominciato a triplicare o quadruplicare le ore di esercizio, con maggior consumo di energia e conseguente aumento delle spese di esercizio a carico dei Consorzi di bonifica. Il costo complessivo annuo per la sola energia elettrica sta velocemente raggiungendo i 20 milioni di euro.

Le spese per l'adeguamento delle opere di bonifica, rese inefficienti dallo straordinario abbassamento del territorio, furono assunte in buona parte dal ministero dell'Agricoltura e foreste che si fece carico anche delle spese di esercizio delle idrovore a partire dal novembre 1958 fino al 31 dicembre 1977; poi, negli anni '80, le leggi finanziarie statali attivarono specifiche linee di finanziamento per consentire ai Consorzi di bonifica di continuare ad attuare opere a presidio di un territorio compromesso per sempre.

"Recentemente - ha sottolineato Riccardo Roversi, direttore del Consorzio di bonifica di Ferrara - sono cessati i finanziamenti statali, rientrando la materia nelle competenze delle regioni che, data la difficile situazione economica, hanno però di fatto azzerato i finanziamenti ai Consorzi per mitigare i danni conseguenti alla subsidenza".

"Servono segnali concreti per richieste, frutto di una rinnovata alleanza fra territori vicini di regioni diverse", ha concluso Massimo Gargano, direttore generale dell'Anbi, chiedendo alla politica di provvedere immediatamente a fare la propria parte per sciogliere il nodo gordiano della burocrazia e annunciando un'azione di flash mob dell'Anbi davanti al Mipaaf qualora tali interventi tardino ad arrivare.