"Sono favorevole a tutti gli accordi di libero scambio, anche perché, guardando a quello che è accaduto storicamente, dalle aperture commerciali l'Italia ha sempre guadagnato nel food. Quindi l'accordo Ceta che entra in vigore oggi mi porta a vedere più opportunità che rischi".
Parola di Denis Pantini, direttore dell'area Agricoltura e industria alimentare di Nomisma, che il 29 settembre prossimo organizzerà il Forum Agrifood Monitor, nell'ambito del quale verrà trattato anche il Ceta, l'accordo commerciale di libero scambio siglato lo scorso 30 ottobre dall'Unione europea e il Canada.

Oggi, 21 settembre 2017,  il Ceta entrerà in vigore in via provvisoria, in attesa della ratifica dei singoli parlamenti nazionali e regionali dell'Unione europea, ma comporterà in ogni caso l'applicazione di tutte le disposizioni più importanti, come il riconoscimento e la tutela delle Dop (anche le 41 italiane comprese nell'intesa), l'aumento progressivo delle quote export e una riduzione dei dazi, soprattutto per i prodotti lattiero caseari.

Sei i paesi che hanno già recepito l'accordo: Malta, Spagna, Lettonia, Danimarca, Repubblica Ceca e Croazia, con il via libera del Parlamento portoghese probabilmente in arrivo già in queste ore.

"Il Canada, a dispetto della sua estensione, non è molto popolato, ha infatti appena 30 milioni di abitanti, ma è un paese con una elevata capacità di spesa e con un reddito pro capite elevato - prosegue Pantini -. Quindi le opportunità di migliorare il posizionamento dei nostri prodotti made in Italy sono buone. In particolare, parlando di agroalimentare, ritengo possano migliorare gli spazi di mercato per il vino, ma anche nel lattiero caseario".
Certo, rimane in vigore il sistema di quote di importazione per l'Europa, "ma le hanno aumentate e l'Italia ha numeri interessanti in termini di export. Inoltre, da parte dei canadesi una riconoscibilità del made in Italy come prodotto di qualità, anche superiore rispetto al prodotto francese".

"Non dimentichiamo - conclude Pantini - che grazie al Ceta vengono meno le barriere tariffarie e questo ci permette di guadagnare terreno sui nostri competitor, che quando parliamo di agroalimentare sono gli Stati Uniti".

Sul Ceta, tuttavia, non tutti sposano la linea dell'ottimismo. Se Aicig, l'Associazione italiana dei consorzi delle indicazioni geografiche, attraverso il segretario Leo Bertozzi, riconosce che "il risultato basilare per il sistema Dop/Igp è il riconoscimento da parte del Canada del principio delle denominazioni tutelate", in particolare "a fronte del persistente e sempre più forte contrasto al sistema europeo di tutela delle denominazioni che porta avanti il Consortium for common food names degli Stati Uniti", Coldiretti da sempre si è elevata a voce critica dell'intesa fra Ue e Canada.
Da Palazzo Rospigliosi nessuno sconto. "L'accordo Ceta è un regalo alle grandi lobby industriali dell'alimentare, che colpisce il vero made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali", afferma la Coldiretti.

Fra i pericoli di natura commerciale ci sarebbe proprio quello dell'Italian sounding, con grave danno per l'economia, ma con altrettanti rischi per la salute dei consumatori.
"Per la prima volta nella storia, l'Unione europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall'Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan", sottolinea la Coldiretti, tanto che "su un totale di 291 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela come ha denunciato la maggioranza dei consorzi di tutela".

Guardando con maggiore attenzione alcuni settori, spiega Coldiretti, "il Ceta uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi, favorito dall'azzeramento strutturale dei dazi per l'importazione dal Canada, dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E peserebbe anche l'impatto di circa 50mila tonnellate di carne di manzo e 75mila tonnellate di carni suine a dazio zero".

Finito il dibattito nel comparto agricolo? Assolutamente no. Perché alla frangia degli oppositori del Ceta si contrappongono, ovviamente, i favorevoli. Fra questi anche Confagricoltura, che attraverso il presidente Massimiliano Giansanti dice che "per la prima volta un paese con un mercato potenzialmente importante come il Canada ha fatto proprio il riconoscimento del sistema delle indicazioni geografiche. E' questo il dato fondamentale, tanto è vero che ora in tutti i negoziati si inserisce il riconoscimento delle denominazioni di origine".

L'applicazione provvisoria verrà limitata essenzialmente alle materie che rientrano nella competenza Ue: liberalizzazione di merci, servizi, appalti pubblici alle misure non tariffarie fino alla tutela delle indicazioni geografiche. Altre parti inerenti la competenza a livello nazionale saranno invece applicate solamente al termine della procedura di ratifica Ue e dei 28 Stati membri.

Critico l'assessore lombardo all'Agricoltura Gianni Fava. "Il Ceta non riguarda solo il Canada, ma è la porta per il Nord America - chiosa -. Eppure il ministro Martina non ha mai preso una posizione ufficiale su un tema che lo riguarda, pur nella consapevolezza che nell'ambito dell'accordo di libero scambio la componente in termini assoluti di valore è marginale per l'agroalimentare, circa il 10% delle transazioni, commerciali e non".