Il Regno Unito uscirà dall'unione doganale, per attuare la forma più dura della Brexit? Oppure venerdì a Firenze, il primo ministro britannico, Theresa May, annuncerà la volontà di un periodo transitorio di due o tre anni dopo l'uscita formale della Gran Bretagna dall'Unione europea, fissata nel marzo 2019? E cosa farà Boris Johnson, l'irrequieto ministro britannico fautore di una "Hard Brexit", come ribadito pochi giorni fa dalle colonne del Daily Telegraph? Quello che l'ex sindaco di Londra ha pubblicato è solamente un manifesto alternativo a quello di Downing Street o è la prima mossa di una discesa in campo come antagonista della May alla guida del partito conservatore?

Venerdì avremo le prime risposte e il quadro della situazione potrà essere un po' più nitido. Di sicuro c'è che nei giorni scorsi è intervenuto direttamente anche il commissario Ue all'Agricoltura, Phil Hogan, con un appello in favore del mantenimento dell'unione doganale. Un invito lanciato attraverso il quotidiano Irish Indipendent, allo scopo di manifestare allo stesso tempo da un lato le preoccupazioni dell'Unione europea in caso di separazione brusca e, dall'altro, di far percepire ai propri connazionali la vicinanza di un rappresentante istituzionale di alto profilo in una materia che dalla Hard Brexit risentirebbe di un contraccolpo eccessivamente negativo.

Da qui, appunto, il messaggio sull'asse Dublino-Londra. "Theresa May deve riflettere con molta attenzione su tutte le rappresentazioni che le sono state fatte, in relazione all'attività commerciale e al commercio con l'Unione europea - ha affermato Hogan -. E' nell'interesse della comunità imprenditoriale britannica e dell'occupazione definire buoni accordi commerciali con il più grande mercato a loro disposizione, che sono gli altri 27 Stati membri dell'Unione europea".

"Per raggiungere questo obiettivo senza attriti, significa che dobbiamo portare il Regno Unito a rivedere la propria posizione rispetto all'unione doganale - ha proseguito il commissario all'Agricoltura -. Un atteggiamento che non solo aiuterà le relazioni commerciali tra l'Ue e il Regno Unito, ma aiuterà enormemente anche noi nel trattare una Brexit morbida e dei rapporti di confine tra l'Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda".

In caso di Hard Brexit, infatti, una barriera doganale sull'isola irlandese, divisa in due con la presenza dell'Irlanda del Nord e della Repubblica Irlandese, avrebbe conseguenze estremamente negative per l'economia di Dublino, che ha rapporti commerciali molto forti con il Regno Unito.
"Quindi spero che il buon senso e il pragmatismo possano prevalere nel Governo britannico in modo che decidano di rimanere in futuro nell'unione doganale, risolvendo così molti dei problemi difficili da questo cambiamento politico".

Secondo alcuni analisti la strada sarà inevitabilmente quella della Hard Brexit, mentre secondo altre fonti vicine alle trattative, si opterà per un periodo transitorio, durante il quale Londra potrebbe versare nelle casse di Bruxelles qualcosa come 30 miliardi di sterline.
Nell'ambito di un discorso sull'Europa, che non ha visto toccare da Phil Hogan aspetti squisitamente agricoli, il commissario all'Agricoltura ha sposato l'idea di nominare un ministro delle Finanze dell'Unione europea, con lo scopo di coordinare in maniera armonica le politiche economiche e finanziarie nei 27 Stati membri, così come proposto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Una scelta che avrebbe il beneficio di assicurare risposte più rapide ed efficaci in caso di crisi finanziarie.

Secondo una ricerca del ministero irlandese delle Finanze, presentata nei giorni scorsi, il Regno Unito rappresenta circa il 17% delle esportazioni irlandesi, ma tale cifra sale al 44% quando si escludono le imprese straniere.
I prodotti made in Ireland del settore agroalimentare sono tra i più esposti di tutta l'Unione europea in seguito alla Brexit, dal momento che quasi il 90% di cereali, frutta e verdura sono esportati nel Regno Unito.
Sono a rischio anche le industrie irlandesi che producono carne, prodotti lattiero caseari, ma anche i segmenti del commercio degli animali vivi e del legname.

La percentuale di esportazioni alimentari e animali vivi dall'Irlanda verso il Regno Unito è salita dal 38% nel 2000 al 46% nel 2015. E il pericolo per l'Irlanda non riguarderà solamente l'imposizione di tariffe daziarie, qualora l'Organizzazione mondiale del commercio registrato nell'Ue venisse applicato al commercio Ue-UK, ma anche la certezza che Londra cercherà di stringere accordi commerciali vantaggiosi con paesi terzi nei settori in cui è non autosufficiente. Da qui un appello a non innalzare barriere doganali anche da parte del Governo irlandese.