L'agenda della politica agricola per il Mezzogiorno d'Italia subisce un rapido aggiornamento dopo questa estate e torna sui temi dell'intervento straordinario e chiede nuovi strumenti d'intervento per le calamità naturali. Perché il nemico da battere, nei prossimi anni, sarà il cambiamento climatico che dispiega ormai in tutta evidenza i suoi effetti sul già fragile tessuto imprenditoriale del Sud.

Nel volgere di pochi mesi, tra fine 2015 e metà 2017, le aziende agricole delle regioni del Mezzogiorno hanno conosciuto l'effetto nefasto di piogge torrenziali, alluvioni, nevicate e gelo a quote basse e, infine, una siccità tra novembre 2016 e giugno 2017 che in regioni come la Calabria non trova paragoni dal 1916 in poi: in cento anni tondi, mai così poche precipitazioni tra autunno ed estate in questa regione, la stessa che, fino all'autunno 2015, anno dell'alluvione di Benevento, conosce il dramma delle fiumare che devastano le aziende agricole e portano lutti.


Superare lo stato di calamità

La gara tra territori nel rincorre gli strumenti ordinari dello stato di calamità naturale, ha avuto come ultimo esito quello di prosciugare il Fondo di solidarietà che attende di essere rimpinguato, come chiesto a gran voce dalla Coldiretti Puglia, dove si è alle prese anche con il flagello Xylella fastidiosa.

Corrado Martinangelo, presidente nazionale di Agrocepi, salernitano, sottolinea: "Un'estate come quella del 2017, trascorsa tra incendi e siccità, e che fa danni anche su colture tipicamente mediterranee, sottolinea l'urgenza di cambiare in meglio gli strumenti di intervento, superando la logica dello stato di calamità: non a caso la Commissione agricoltura dell'Europarlamento sta lavorando al decreto Omnibus che tende a riorganizzare in capo alla Ue gli interventi per le crisi di carattere climatico, ampliando gli strumenti di intervento sui prezzi, che oggi sono appannaggio di poche filiere".


Romano Prodi: più invasi, al Sud

Ma per fronteggiare il cambiamento climatico occorrono anche opere pubbliche. Non a caso in Campania si registra la singolare convergenza tra Cia e Coldiretti, che scoprono che nella regione vi sono almeno sette bacini irrigui sottoutilizzati o non affatto inutilizzati, uno spreco che grida vendetta al cielo in una regione che potenzialmente di acqua ne ha tanta, al punto di esportarla verso la vicina Puglia, che ne fa un uso sia civile che irriguo.

La Regione Calabria, notizia del 31 agosto 2017, sta facendo l'elenco delle dighe incompiute, da ristrutturare o completare. E Romano Prodi, in un suo editoriale su Il Mattino di Napoli ha persino suggerito di rispolverare un vecchio piano della Cassa per il Mezzogiorno, che prevedeva la costruzione di una miriade di microinvasi tra i monti del Sud.
Un piano che fu abbandonato poiché parve inutile, e che oggi potrebbe, se almeno realizzato in parte, contribuire in uno a fronteggiare gli incendi boschivi che spesso minacciano e colpiscono le imprese agricole, come accaduto in Sicilia ed in Campania, e la carenza d'acqua per l'irrigazione.
Il tutto a patto di trovare i fondi, perchè tra Piani di sviluppo rurale e Fondo di coesione non sembra esservi rimasto molto.