Una stagione anomala quella di quest'anno tra gelate tardive, siccità e caldo, che mette molti interrogativi sulla vendemmia che sta iniziando, o in alcuni casi è già iniziata in tutto il centro Italia.

Per il Lazio questi interrogativi se li pone Arsial, l'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura.

La nota distintiva di questa vendemmia 2017 è, senza dubbio, il forte anticipo di maturazione e la condizione di stress idrico di cui da troppo tempo soffrono le viti.

Le alte pressioni atmosferiche, le elevate temperature e l’assenza totale di piogge hanno azzerato le risorse idriche disponibili costringendo la pianta, laddove non sostenuta da impianti irrigui di soccorso, a ridurre al minimo la propria attività fotosintetica, rendendo sempre più precaria l’alimentazione del grappolo e la naturale evoluzione dei parametri qualitativi che caratterizzano le uve.

In queste condizioni, si riduce drasticamente la normale distensione cellulare che presiede all’ingrossamento degli acini, si riduce il succo all’interno degli stessi e, oltre alla perdita di turgidità e di peso, il quadro acidico - pH e acidità totale - evolve in modo anomalo.

Al posto degli acini si rischia che rimangano i 'pallinacci', come dicono i vecchi nelle campagne laziali.

Del resto, l’anomalia dell’andamento climatico, si evidenzia chiaramente se si prendono in considerazione i dati analitici delle precipitazioni e delle temperature registrati nel Lazio.

Confrontando le grandezze misurate quest’anno dalla rete Siarl, il servizio di rilevazione agrometeo gestito da Arsial che si avvale di 92 stazioni distribuite sul territorio regionale, con la serie storica 2004 - 2016, si scopre che le precipitazioni sono diminuite del 50% rispetto alle medie del periodo, con punte del 70% nella porzione settentrionale della maremma laziale, ai confini con la Toscana e che gli apporti idrici complessivi non hanno superato nella media i 250 millimetri, rispetto ai 500 attesi.

E con una frequenza delle precipitazioni concentrata in 12-15 giorni, a fronte degli abituali 50-55 giorni.

Quanto alle temperature, ad una primavera che si è distinta per essere stata la seconda più calda registrata dall’800 ad oggi, ha fatto seguito un mese di giugno con valori massimi giornalieri superiori di oltre un grado rispetto alla media e si è proseguito a luglio con picchi più o meno costanti intorno ai 40 gradi centigradi.

"Si sta riproponendo in peggio quanto accaduto nel 2003 – osserva Giorgio Casadei, tecnico Arsial che da anni segue le sorti della viticoltura laziale – quando le elevate temperature e la prolungata siccità estiva fecero seguito comunque ad un inverno contraddistinto da normali precipitazioni, cosa non avvenuta quest’anno”.

Con l’aggravante che il 2017 si è distinto anche per la presenza delle gelate tardive, che nella seconda metà di aprile hanno provocato danni consistenti – si parla di perdite nell’ordine del 15-20% della produzione a livello regionale, con punte del 50% nei casi peggiori – specie negli areali viticoli di pianura e pedecollinari, più esposti al ristagno di umidità.

Particolarmente colpite le coltivazioni nei comuni di Aprilia e Nettuno, in alcune aree interne dei Castelli e negli areali di produzione del cesanese. Qualche danno anche nel viterbese e in provincia di Frosinone, dove una particolare intensità si è registrata nelle valli del Liri e del Sacco.

Concludendo, tra siccità e gelate ci si attende un calo quantitativo rispetto al 2016 nell’ordine del 25-30%, con un anticipo di maturazione stimato al momento in circa 10 giorni. Il tutto a condizione che nel frattempo non intervengano precipitazioni di una certa consistenza che potrebbero modificare, in un senso o nell’altro, il quadro descritto.