Dal 2013 i newyorkesi che vogliono mangiare un vero risotto italiano possono farlo. Sulla quinta strada, a Manhattan, in uno dei quartieri più alla moda della Grande Mela, ha infatti aperto Risotteria Melotti, un ristorante dove il menù è tutto a base di riso, dall'antipasto al dolce, passando per i risotti. E la materia prima arriva direttamente dall'Italia, of course.

"La nostra è una famiglia di agricoltori da generazioni. Mai avrei pensato di aprire un locale a New York", confida ad AgroNotizie Gianmaria Melotti dell'omonima riseria a Isola della Scala, in provincia di Verona, e consigliere dell'Ente nazionale risi. "Poi un giorno, era il 2005, ho pensato che fosse paradossale che e Isola della Scala, il cui prodotto simbolo è il riso, non ci fosse neppure un locale dove gustare un risotto fatto con il prodotto nostrano".

E così avete aperto il primo ristorante?
"Esatto, abbiamo voluto valorizzare il nostro prodotto offrendo ai clienti che lo desideravano piatti della cucina nostrana".

Da Isola della Scala a New York il salto è grande...
"E' avvenuto quasi per caso. Ero in vacanza in questa città meravigliosa e mi sono stupito della quantità di ristoranti di ogni genere ad ogni angolo di strada. Qualunque nazionalità o tendenza culinaria era rappresentata. E allora si è fatta strada l'idea di replicare il modello di Isola nella Grande Mela".

Che cosa avete fatto?
"Sono tornato a New York varie volte, ho parlato con alcune persone che conoscono bene la città e mi sono fatto consigliare. Poi la decisione di prendere un piccolo locale, nell'East Village, e aprire una risotteria che proponesse piatti a base di riso e raccontasse la nostra storia".

Dell'Italia?
"Dell'Italia e della famiglia Melotti, dei suoi valori e del lavoro che porta avanti nel veronese per offrire ai consumatori un prodotto di qualità e unico al mondo. Il riso è uno degli alimenti più consumati al mondo, ma solo in Italia abbiamo il risotto. E' questo piatto che io voglio fare conoscere".

Gli affari stanno andando bene?
"Sia il ristorante di Isola della Scala che di New York fanno utili. Sono ristoranti piccoli, niente a che vedere con le grandi catene, ma piacciono al pubblico. E a febbraio di quest'anno abbiamo aperto un locale anche a Roma".

Come avete trovato i fondi per inaugurare questi ristoranti?
"Ci siamo mossi solo con le nostre risorse e con i prestiti delle banche. Niente fondi europei o investitori esterni".

La risicoltura nostrana non sta attraversando un bel periodo visto il mercato e la concorrenza asiatica. Per voi i ristoranti sono un modo per fare reddito?
"I ricavi dei ristoranti sono sicuramente utili a far quadrare i conti, ma non credo che la soluzione del settore sia buttarsi nella ristorazione. Servono competenze e tanto impegno ed è impensabile che ogni azienda agricola abbia il suo locale. Si tratta invece di valorizzare le nostre produzioni".

In che senso?
"Dobbiamo difendere le nostre varietà tipiche che sono la nostra grande ricchezza. I ristoranti servono a fare conoscere al pubblico i nostri risi. La speranza è che per il Carnaroli o il Vialone Nano si apra una stagione come quella del Prosecco. Che i nostri clienti di New York tornino a casa dopo una bella serata al ristorante e comprino il riso made in Italy per cucinare un risotto".

Varietà nostrane dunque, niente indica?
"Non ha senso produrre varietà indica perché ci mette in concorrenza con i produttori asiatici che hanno costi di produzione molto più bassi dei nostri. Non dobbiamo assolutamente abbandonare le varietà storiche italiane che sono l'unica cosa che ci difende e ci distingue dal resto del mondo".