Il 9 giugno scorso, gli agricoltori con i trattori sono scesi sui moli del porto di Bari per protesta contro l’arrivo di un cargo con 50 mila tonnellate di grano canadese proprio alla vigilia della raccolta di quello italiano con evidenti finalità speculative.

E' questa la #guerradelgrano, la campagna lanciata da Coldiretti a protezione del frumento italiano.

In Toscana sono circa 15 mila le aziende agricole coinvolte o per lo meno interessate a questa campagna, quelle aziende cioè produttrici di grano tenero e duro.

Nella regione vengono coltivati circa 110 mila ettari di terreno a grano, 90 mila ettari seminati a grano duro e circa 20 mila ettari a grano tenero, concentrati tra le province di Siena, Grosseto, Pisa e Arezzo, con una produzione di circa 350 mila tonnellate.

"Nella nostra regione –  ha detto Tulio Marcelli, presidente Coldiretti Toscana – è a rischio un settore che rappresenta il 20% della produzione lorda vendibile agricola"

"I prezzi pagati agli agricoltori nella campagna 2016 – ha continuato Marcelli – sono praticamente dimezzati scendendo al di sotto dei costi di produzione per effetto della concorrenza sleale ed oggi con 5 chili di grano non è possibile neanche acquistare un caffè. E dietro l’angolo si allunga l’ombra dell’accordo Ue-Canada che proprio non ci convince".

Come rileva Coldiretti in Italia ormai un pacco di pasta su tre è fatto con grano estero senza alcuna indicazione per i consumatori.

E oltre al danno la beffa, visto che i cereali stranieri che sono risultati irregolari per il contenuto di pesticidi che sono praticamente il triplo di quelli nazionali.
Un dato emerso dal rapporto ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti divulgato l’8 giugno 2017 dal ministero della salute.

I campioni risultati irregolari, sottolinea Coldiretti, per un contenuto fuori legge di pesticidi sono pari allo 0,8% nel caso di cereali stranieri, mentre la percentuale scende allo 0,3% nel caso di quelli di produzione nazionale.

Peraltro in alcuni paesi, tra cui il Canada, vengono utilizzate tecniche vietate in Italia, come i trattamenti di glifosate nella fase di pre-raccolta per seccare artificialmente il grano e garantire un livello proteico più elevato.

"La mancanza dell’etichetta di origine non consente ancora –  ha commentato il direttore di Coldiretti Toscana  Antonio De Concilio – di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere la produzione nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale".

Una esigenza, quella dell'origine del grano in etichetta, accolta positivamente dai ministri delle politiche agricole Maurizio Martina e dello sviluppo economico Carlo Calenda che hanno avviato la procedura formale di notifica all’Unione europea dei decreti per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta.

Nell'attesa, la #guerradelgrano va avanti.