Il 2016 si è chiuso con un record storico nelle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani, con un fatturato di 38,4 miliardi di euro, il massimo di sempre, come fa notare la Coldiretti Toscana.

I prodotti maggiormente esportati, sia in Europa che fuori, in particolare in Nord America, sono i prodotti a Denominazione di origine, che per la Toscana sono soprattutto rappresentati da vino e olio.

In questo quadro si inserisce il Ceta, il nuovo accordo commerciale tra Unione europea a Canada che riguarda anche le produzioni alimentari coperte da Indicazioni geografiche.

Questo accordo consentirà alle più prestigiose Indicazioni geografiche italiane, e comunitarie, di accedere con il proprio nome al mercato canadese, grazie ad un mutuo riconoscimento.

Il Ceta aprirà le porte del Canada a 171 prodotti ad Indicazione geografica dell'Unione europea, tra cui 41 italiani, un numero consistente anche se piccolo considerate le 289 Denominazioni d'origine registrate in Italia.

Però i nostri prodotti dovranno convivere sullo scaffale con le loro imitazioni, che di italiano hanno solo il nome, a volte pure sbagliato.

Così il consumatore d'oltre oceano continua a non aver chiarezza per le sue scelte, a vantaggio di quelle aziende che traggono la propria forza dalla mancanza di trasparenza.

Ad esempio, il Prosciutto toscano Dop potrà entrare nel mercato canadese con il suo nome ma sarà venduto assieme ai prodotti d'imitazione canadese.

Per le imitazioni già in commercio, i produttori canadesi potranno continuare ad utilizzare i loro nomi ambigui.

Si potrà continuare a fare il Parmesan, per una bassa imitazione del nostro parmigiano, e anche a produrre e vendere altri formaggi con il nome Gorgonzola, Asiago, Fontina, in quanto considerati nomi generici dall'accordo, anche se dovranno apporre l'indicazione obbligatoria dell'origine in etichetta, esempio Asiago made in Canada e senza possibili evocazioni, ad esempio bandiere o simboli legati ai nostri territori.

Nel caso invece qualche produttore volesse realizzare qualche altro nuovo prodotto di imitazione, questi dovranno essere etichettati con espressioni come 'tipo', 'stile' o 'imitazione'. Ad esempio immaginiamoci un formaggio 'stile squacquerone di Romagna' o un vino 'tipo Vernaccia di San Gimignano' dell'Ontario...

L'accordo, molto complesso e che necessita di un attento studio come riconosce la Coldiretti, non elimina quindi l'ambiguità in cui versano le Indicazioni geografiche italiane.

Un vantaggio per quelle realtà industriali canadesi che guadagnano su questa confusione, dal momento che oggi il 90% dei formaggi di 'tipo italiano' consumati in Canada sono prodotti in Canada.

Una ulteriore preoccupazione espressa dalla Coldiretti è anche la questione del grano, di cui il Canada è il principale esportatore in Italia.

Rendere operativo il decreto che introduce l'indicazione obbligatoria dell'origine del grano in etichetta diventa così un'esigenza ancora più urgente.