Farina di neccio è il nome tradizionale con cui viene chiamata la farina di castagne in Garfagnana, la zona montana a Nord di Lucca, incastonata tra l'Appennino e le Alpi Apuane.

Un prodotto antico, fondamentale, che ha sfamato migliaia di famiglie per secoli, in una zona dove la scarsità di terra arabile rendeva troppo difficile coltivare cereali e il castagno prendeva il nome di albero del pane.

Per tutelare questo prodotto e la castanicoltura garfagnina, che aveva subito negli ultimi decenni una forte crisi, nel 1998 nasce l'Associazione castanicoltori della Garfagnana.

E se un tempo la farina di neccio era la base alimentare delle popolazioni della montagna, oggi è diventata un elemento importante per lo sviluppo agricolo e la promozione del territorio, con un ampia gamma di prodotti dalla farina tal quale ai prodotti da forno, dai liquori alla birra di castagne.

Accanto a questo, un costante lavoro di ricerca portato avanti assieme a Asl, Arsia Toscana e all'Università di Firenze e di Siena ha puntato sul miglioramento dell'aspetto qualitativo dei prodotti e sulle loro caratteristiche nutrizionali, certificando ad esempio la farina di neccio, prodotta con una filiera esclusiva e macchinari dedicati esclusivamente alla molitura delle castagne, come prodotto senza glutine.

Un lavoro che, oltre ad aumentare la potenzialità di commercializzazione della farina, valorizza allo stesso tempo il territorio, dal momento che coltivando il castagneto si ha una regimazione naturale delle acque evitando frane e smottamenti, pericoli di incendi e soprattutto un grande aspetto paesaggistico che caratterizza il territorio nel settore turistico.

Dal 2004 l'Associazione castanicoltori della Garfagnana riesce a fare riconosce la farina di neccio della Garfagnana come prodotto Dop, stilando un disciplinare, sul rispetto del quale vigila Icea, che controlla il corretto andamento di tutta la filiera, dalla raccolta all'essiccazione, dalla molitura al confezionamento e commercializzazione della stessa.

Una filiera che però era stata messa a dura prova dall'arrivo del cinipide galligeno del castagno. Il cinipide galligeno in Garfagnana è arrivato nel 2009 e la produzione nel giro di due anni è diminuita del 50% per arrivare poi nel 2014 con un mancata produzione di oltre il 90%.

Ma la risposta è stata immediata. La Regione Toscana da un lato ha dato il via libera alla lotta biologica contro il cinipide con il suo antagonista naturale, Torymus sinesis, e l'Associazione castanicoltori della Garfagnana assieme all'Associazione nazionale Città del castagno e l'Unione comuni di Garfagnana, hanno effettuato in proprio oltre 300 lanci dell'antagonista, diffondendolo sistematicamente su tutto il territorio.

E i risultati sono stati buoni. Dopo cinque anni di scarsa produzione causa cinipide galligeno, dal 2015 sono cominciati ad aumentare i quantitativi di castagne, e l'obbiettivo è di riportare la produzione ai livelli antecinipide.

A oggi, con la produzione 2016 si può dire che ormai si è raggiunto un equilibrio fra il cinipide e Torymus in grado di non compromettere la produzione di castagne, mentre invece diventa molto preoccupante l'andamento climatico, con effetti che mettono a rischio la fioritura e la maturazione.

Ma nonostante tutto le prospettive sono positive. Durante questi anni, mentre la produzione era in calo, si è assistito ad un aumento vertiginoso della domanda di un prodotto di alta qualità, segno che i consumatori sono sempre più formati e alla ricerca di un prodotto superiore alla media.

L'obbiettivo ora è il ritorno alla castanicoltura anche da parte di giovani, con necessità di interventi economici pubblici per il ripristino dei castagneti, che in questi anni hanno molto sofferto e necessitano interventi urgenti di potature e concimazioni.

La farina di neccio, quindi, può continuare a nutrite questo territorio e i suoi progetti.