Il tempo delle idee è senza tempo. A confermarlo è il professor Franco Scaramuzzi, presidente onorario dell'Accademia dei Georgofili, per dodici anni magnifico rettore dell'Ateneo di Firenze, innovatore nato, lucido osservatore della società e dell'agricoltura, ragionevole ottimista alla soglia dei 90 anni.

Lo scorso 20 dicembre, nella prestigiosa sede dei Georgofili - quella Torre dei Pulci che lui ricostruì in tempi record, dopo l'attentato di mafia del 27 maggio 1993 - è stato presentato il libro "Il tempo delle idee. Fra l'80° e il 90° anno di Franco Scaramuzzi", euro 16, edizioni Polistampa Firenze.
Il volume è stato scritto dal giornalista Maurizio Naldini, che ha raccolto attraverso gli interventi e gli articoli pubblicati nell'ultimo decennio dal professore Scaramuzzi su riviste, quotidiani, periodici.

Dieci anni che hanno visto protagonisti la grande crisi finanziaria (che ha trascinato in basso tutti i settori, agricoltura compresa), la riforma della Pac, l'Expo, la globalizzazione e la conseguente esasperazione della volatilità, accompagnata da redditi sempre più magri per gli agricoltori, in una filiera che individuava i propri margini di guadagno verso l'esterno. Scenari che hanno portato Scaramuzzi a osservare, analizzare, raccomandare, stigmatizzare e proporre comunque soluzioni per l'agricoltura.

All'insegna della fiducia nel futuro la lunga intervista che caratterizza il capitolo XI.

A presentare il libro, alla presenza del presidente dell'Accademia dei Georgofili Giampiero Maracchi, di una platea folta di accademici e dei familiari di Scaramuzzi, oltre al sottoscritto anche i colleghi Lorenzo Frassoldati (direttore del Corriere Ortofrutticolo) e Alessandro Maresca. Tutti concordi nell'esaltare le profonde qualità umane e il rigore scientifico del presidente onorario.

Scaramuzzi è instancabile e, fra la fine del libro e la sua presentazione, non ha voluto far mancare un aggiornamento sugli ultimi eventi. Di seguito riportiamo il suo discorso.
Matteo Bernardelli

"Consentitemi di ringraziare innanzitutto il professor Maracchi che, pur avendo avuto una giornata faticosa, ha voluto rimanere con noi per l'odierna presentazione di un nuovo libro. Ringrazio sentitamente Maurizio Naldini per l'impegno che ha profuso nel realizzare, a distanza di dieci anni, due libri che hanno riguardato le mie attività.
Sono molto grato ai tre illustri scrittori-giornalisti (Matteo Bernardelli, Lorenzo Frassoldati e Alessandro Maresca), che hanno accettato di collaborare nel commentare, con la loro specifica esperienza, questa odierna pubblicazione, nata dalla complessa realtà confusamente aggrovigliatasi nella nostra società. Altrettanta gratitudine a Mauro Pagliai, editore delle mie pubblicazioni.

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito e partecipato con attenzione alle non certo facili analisi e riflessioni sui temi trattati. Vorrei che non si perdessero i fili conduttori che hanno consentito di dare continuità storica ad eventi del XX secolo, senza accorgersi che i cambiamenti erano sufficienti per portare su strade diverse, ma creando sbandamenti e timori per il futuro. E' infatti un'unica storia con la quale concludo in estrema sintesi, perché rimanga chiara nella memoria delle nuove generazioni.

Alla fine dell'ultimo conflitto mondiale, una serie di provvedimenti negativi è stata adottata nei confronti delle nostre ampie zone agricole (riforme fondiarie e agrarie, revisione dei contratti e abolizione della mezzadria, ecc.). Si aggiunsero poi le direttive comunitarie prodotte per riconvertire e riequilibrare le produzioni agricole dei diversi Stati membri. Mentre continue manifestazioni di piazza richiedevano 'pane e lavoro' e 'terra ai contadini'. Ma proprio questi ultimi preferirono autonomamente emigrare nelle zone industriali, urbanizzate, provocando una rapida diminuzione della manodopera disponibile nelle campagne. Ciò favorì la ricostruzione del paese e si passò presto ad una ripresa agricola (chiamata poi 'rivoluzione verde'), grazie ad un efficiente sviluppo delle tecnologie (meccanizzazione, miglioramento genetico, razionalizzazioni colturali, passaggio dalle consociazioni promiscue alle specializzazioni).
I singoli appezzamenti furono allargati e i costi di produzione si abbassarono. La manodopera agricola scese numericamente a meno del 5%. Ma la produttività non mancò di soddisfare il complessivo fabbisogno nazionale. Anche il paesaggio agricolo dovette adeguarsi e cambiare fortemente aspetto.
I Georgofili seguirono questi mutamenti in molte nostre regioni, anche con dibattiti itineranti, le cui considerazioni sono conservate negli storici Atti di questa Accademia.

Seguì quindi un terzo periodo che ci ha portato alla situazione attuale. Qualcuno ha considerato la crisi iniziata nel 2007 soltanto come finanziaria. Ma la vera grande crisi, tuttora in atto, dimostra invece di essere plurima, complessa e letale per la nostra agricoltura, già dall'inizio del terzo millennio.

Questa storica sintesi aiuta ad analizzare e comprendere meglio tutto ciò che ha riguardato il passaggio delle competenze del settore agricolo dallo Stato alle Regioni. Anche l'Europa ha preteso di guidare gli indirizzi agricoli, concedendo contributi finanziari legati a direttive verticistiche e certamente di una Pac non eterna.
Le mutazioni dell'agricoltura sono state troppo facilmente e fugacemente introdotte dall'articolo V° dell'attuale nostra Costituzione.

Anche il nuovo volume presentato oggi, non evidenzia più le nuove e incessanti annotazioni critiche e negative. Ma continuo ad auspicare che vengano dibattute pubblicamente, seguendo lo spirito e il metodo di lavoro di cui all'intervista richiestami da Naldini.
E' però opportuna una maggiore e tempestiva attenzione, perché la pianificazione territoriale e paesaggistica tende già ad essere considerata un diritto esercitabile su qualsiasi bene privato che possa essere dichiarato di 'interesse pubblico'. Ciò porterebbe facilmente a eliminare qualsiasi limite amministrativo, anche nella vasta gamma delle tante attività produttive (come, ad esempio, per le cave di marmo toscane).

Il libro presentato non ha potuto contemplare adeguatamente le crescenti pressioni che tendono a rilasciare impronte populistiche, spinte sempre più nella quotidiana vita collettiva, ove ciascuno può esprimere la presunzione di essere in grado di fare tutto da solo e con la propria testa. La politica ha, nel tempo, ritenuto che fosse suo dovere orientare l'educazione e la formazione della società.
Le vecchie realtà mutano però con i governanti, che preferirebbero escludere qualsiasi populismo, per non perdere consensi. Oggi ci stiamo trovando di fronte a vari e contestuali populismi, che cercano di differenziarsi e contrapporsi tra loro, battendosi per prevalere. Nel corso degli ultimi avvenimenti, il nostro paese ha avuto difficoltà a tenere testa alle troppe divisioni diverse che non aiutano la crescita economica e il raggiungimento di un maggiore benessere sociale.

Vi è quindi bisogno di qualità ed efficienza delle strutture istituzionali preposte a reggere una potenziale unità nazionale. Stiamo invece subendo un diffuso declino del 'senso dello Stato' e della 'fiducia nella politica'. Come nazione, la sentiamo in balia di contrastanti direttive della Ue e delle singole nostre regioni, senza una indispensabile guida unitaria.

Riferendosi all'agricoltura, è bene chiarire che non si tratta di conservare e tantomeno ripristinare quelle del nostro glorioso passato e neppure di sostenerla con contributi finanziari pubblici e privati che non potranno essere mantenuti, soprattutto se si continuerà a non prestare rispetto per le libertà imprenditoriali.
Non si cerca di aumentare il numero delle aziende e dei lavoratori ad esse addetti, ma incrementare il lavoro e le produzioni quantitativamente e qualitativamente competitive, quindi con redditi adeguati. Non con le stesse innovazioni del passato, ma con nuove idee ed equilibri che si presenteranno sempre più numerosi. La grande crisi che stiamo attraversando verrà certamente dominata, ma lasciandoci ormai eredi di una serie di cambiamenti, anche nel nostro stesso modo di essere e di operare, con problemi spesso ormai generazionali.

Ho sempre evidenziato la fiducia che è necessario riporre nello sviluppo della ricerca scientifica. Nell'intervista fattami da Maurizio Naldini (capitolo 11 del nuovo libro), è stato chiesto di fornire un esempio di ricerca molto importante e in corso. Ho scelto un esempio di largo interesse. Per evitare qualsiasi malinteso, ricorderò che l'attuale attività dell'intera ricerca mondiale è molto vasta in ogni settore e si avvale sempre più di crescenti progetti mondiali.

Le valutazioni che possiamo oggi trarre, a ogni livello di interesse, non consentiranno alla politica di conquistare interamente tutto ciò che sarà considerato irrinunciabile. Si dovrà condividerne la gestione e i diritti, per essere sempre pronti a soddisfare l'insieme degli interessi generali di ogni singolo paese, così come ha cominciato da qualche tempo ad avvenire anche da noi, in nome di un generale e unico interesse nazionale. Anche questa politica potrebbe essere una benemerita manifestazione di 'ottimismo della volontà'. La pubblicazione presentata intende infatti aprire nuovi orizzonti per diffondervi serenità.
Confidiamo che la ricerca scientifica con i suoi grandi progressi, possa aiutarci a utilizzare 'il tempo delle idee' (che non ha infatti limiti di età), per modificare le spiacevoli realtà nelle quali 'distrattamente' siamo caduti"
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di Franco Scaramuzzi,
presidente onorario dell'Accademia dei Georgofili

Matteo Bernardelli si è fatto promotore della candidatura del professor Scaramuzzi alla carica di senatore a vita. Chi lo desidera può inviare la richiesta online al Capo dello Stato.