Trecento anni e neanche una penna bianca.
Con questo motto, smaccatamente toscano, il Consorzio di tutela del vino Chianti Classico ha voluto celebrare i tre secoli da quando fu delimitata, con bando granducale, la zona di produzione del vino del Chianti e il suo simbolo: il Gallo Nero. Un territorio e una produzione che hanno avuto una storia fatta anche di alti e bassi, ma che soprattutto hanno fatto la storia.

E ora come procede questa storia coltivata nei vigneti tra Firenze e Siena? Ce lo siamo fatti raccontare da Sergio Zingarelli, titolare dell'azienda Rocca delle Macìe a Castellina in Chianti e presidente del Consorzio di tutela.

Presidente, come sta oggi il consorzio del Chianti Classico?
"Il marchio del Gallo Nero è oggi conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. Il 2016 è stato l'anno del trecentesimo anniversario della denominazione, un anno in cui il Chianti Classico ha amplificato la sua notorietà e ha avuto un palcoscenico di eccellenza nei numerosi eventi organizzati per celebrare l'anniversario, dal Giro d'Italia, alla festa del 24 settembre, che ha prodotto una rassegna stampa di circa 300 articoli pubblicati in oltre 30 paesi di tutto il mondo.
Sono passati infatti trecento anni da quel 24 settembre 1716 quando il Granduca di Toscana, Cosimo III, promulgò il bando 'Sopra la Dichiarazione de' Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Vald'Arno di Sopra'. Questo atto costituisce il primo esempio di delimitazione di zona di origine dei vini in Italia in chiave moderna, e trae origine da una lunga serie di esperienze commerciali che avevano ormai consolidato il valore qualitativo dei prodotti enologici di quei territori.
Se in Francia nel 1700 regioni come Bordeaux e Champagne vanno affermandosi, grazie rispettivamente all'Istituto dei Courtiers all'abate Dom Perignon, in Toscana la produzione di vino in determinate zone vanta già un riconoscimento qualitativo che le vale una buona capacità di esportazione. E' proprio il commercio estero che ha reso il vino un prodotto strategico: basti pensare che la regina Anna di Inghilterra lo apprezzava a tal punto da farne dono ad amici e alleati, contribuendo a diffonderne la fama nel mondo.
Insieme alla fama, con il contributo della concorrenza spagnola, tedesca e francese, prese piede anche un diffuso fenomeno di contraffazione delle etichette, con il conseguente danno economico per la regione
".

Quindi si può dire che il Chianti è nato con la vocazione all'esportazione e che il così detto italian sounding risuonava già nell'Europa del XVIII secolo...
"Sì. Il bando del settembre del 1716 va inquadrato in questa cornice: la necessità per la politica granducale di proteggere un vino commercialmente sempre più a rischio. Collegato al bando di settembre, un altro decreto, datato luglio 1716, mette chiaramente in evidenza anche regole di commercializzazione e stabilisce pene per chi le trasgredisce. Fu istituita infatti una congregazione, con compiti di vigilanza, che ricorda da vicino gli odierni Consorzi di Tutela.
Il Chianti Classico rappresenta oggi una continuità con lo spirito con cui è nato e, avviandosi verso la chiusura del 2016, conferma il trend positivo degli ultimi 5 anni, con aumento di circa il 35% nelle vendite a livello globale.
L'export ha toccato oltre 100 mercati, dalle Antille Olandesi al Belize, fino a Uganda e Zimbabwe. Per quel che riguarda i suoi mercati tradizionali, gli Stati Uniti si confermano al primo posto, assorbendo circa il 31% delle vendite totali, seguiti dall'Italia al 20%, dalla Germania con il 12%, dal Canada con il 10%, da Regno Unito con il 5%, dai Paesi Scandinavi, Svizzera e Giappone al 4%, da Benelux, Cina e Hong Kong al 3%, e infine dalla Russia con l'1%.

Siamo molto soddisfatti dell'andamento del mercato, un risultato che premia il lungo lavoro di rilancio della denominazione svolto negli ultimi anni e culminato con l'introduzione della Gran Selezione, la nuova tipologia di Chianti Classico sul mercato da due anni. La Gran Selezione è nata dall'esigenza di valorizzare le punte qualitative del Chianti Classico e oggi rappresenta circa il 4% delle vendite dei vini del Gallo Nero. Un grande vino che ha qualificato ulteriormente la nostra denominazione e che ha già riscosso successi di critica e che in breve tempo si è posizionato nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali".

Quali sono i numeri attuali del Chianti Classico ?
"A oltre 90 anni dalla costituzione dell'attuale Consorzio Vino Chianti Classico, il primo consorzio di produttori vitivinicoli nato in Italia, i soci sono 580, con 7067 ettari di vigneti, 300 mila ettolitri di vino Docg e oltre 81 milioni di bottiglie con il bollino del Gallo Nero".

E che valore economico ha tutto questo?
"Un valore con numeri da grande impresa: con un fatturato globale stimabile in più di 900 milioni di euro, il Chianti Classico rappresenta un vero e proprio distretto produttivo, oltre che un'eccellenza riconosciuta nel mondo, da trecento anni. 
Inoltre per quel che riguarda i prezzi delle bottiglie in media sono aumentati, anche per l'introduzione della nuova tipologia di Chianti Classico, la Gran Selezione, e la crescita delle vendite di Riserva che insieme rappresentano circa il 35% delle vendite totali".


Che ruolo ha l'innovazione in una storia e in una tradizione antica di tre secoli?
"Grande. Ad esempio il progetto Chianti Classico 2000 è stato un progetto di ricerca e sperimentazione concepito e realizzato per far compiere ai vini prodotti nel territorio un decisivo ulteriore salto di qualità ma anche per intervenire, in tempo utile, affinché gli ingenti investimenti necessari per rinnovare il patrimonio vitivinicolo potessero attuarsi disponendo di tecniche agronomiche sperimentate e di materiale vegetale selezionato, sano e omogeneo.
Le tematiche affrontate sono state varie, dalla selezione clonale alla verifica del comportamento vegeto-produttivo e del valore enologico dei cloni già omologato, fino al confronto e messa a punto delle varie tecniche di impianto, di allevamento e di coltivazione del vigneto.
Nell'ambito dell'innovazione anche l'agricoltura biologica ha un ruolo importante. Stimiamo che oggi oltre il 25% dei vigneti del Chianti Classico sia certificato o in fase di certificazione bio
".

Quali sono le maggiori problematiche attuali?
"Sicuramente gli ungulati. Cinghiali, daini e caprioli che popolano i grandi boschi che coprono le nostre colline sono una minaccia continua per le produzioni, soprattutto in fase di maturazione e nei giorni precedenti alla vendemmia. E le reti metalliche e elettrificate iniziano a non bastare più".

E le prospettive per i prossimi 300 anni?
"I cardini del nostro successo sono prima di tutto il nostro territorio e gli uomini che vi lavorano. Ma anche la compattezza della nostra organizzazione consortile che ci ha permesso fino ad oggi di crescere sempre nella qualità, a partire dalla qualità del prodotto per finire con la qualità degli eventi di valorizzazione e di comunicazione della nostra denominazione.
Di progetti ne abbiamo tanti, non ultima la candidatura all'Unesco e l'accordo di cooperazione con lo Champagne appena firmato, e di sogni nel cassetto altrettanti... E non ci manca l'entusiasmo per poterli realizzare
".