Si dice spesso che se l'agricoltura italiana vuole sopravvivere alla concorrenza estera non deve puntare su grandi volumi e prezzi bassi, ma su produzioni di qualità che sui mercati possono spuntare prezzi elevati.
Durante il Macfrut, che si è tenuto a Rimini dal 14 al 16 settembre 2016, molte aziende hanno presentato nuove cultivar, agrofarmaci e sistemi di confezionamento.
Una attenzione sempre maggiore è dedicata al post-raccolta, a quella fase cioè che va dal raccolto al confezionamento. Avere una fragola perfetta sulla pianta, ma che poi viene maneggiata malamente e conservata a temperature non consone rischia di rendere vano lo sforzo dell'agricoltore.

"L'ingegneria agraria si occupa principalmente delle macchine in campo, ma anche della raccolta e post-raccolta", spiega Paolo Menesatti, direttore del Crea-Ing (Unità di ricerca per l'ingegneria agraria).
"E' estremamente importante unire in un unico sistema sia le tecnologie di campo sia quelle per il post-raccolta. La qualità si crea in campagna ma poi deve essere garantita nelle fasi successive fino ad arrivare integra sulla tavola del consumatore".

Uno degli elementi cruciali, ad esempio, è la catena del freddo, che per alcuni prodotti dovrebbe iniziare già in campo per preservare la qualità, fino allo scaffale del supermercato. Mirtili, fragole e ciliege, per citarne alcuni, dovrebbero veder abbattuta la temperatura il prima possibile.
Per preservare la sanità dei frutti è ormai comune ricorrere a macchine per il confezionamento in atmosfera protetta. Ma anche l'utilizzo dell'ozono si è dimostrato efficace per abbattere la carica microbiotica sui frutti.

Se queste tecnologie sono ormai diffuse, il futuro passa dalla sensoristica. Per fare un esempio oggi è possibile selezionare e classificare le mele alla raccolta in modo non distruttivo in base al contenuto zuccherino e alla durezza. In questo modo si possono stoccare nelle celle ed essere immesse sul mercato a seconda del grado di maturazione.
Con la termografia infrarossa si possono individuare alcune fisiopatie che rendono i frutti non commerciabili.

Anche il Crea sta lavorando su sistemi di visione artificiale e sulle tecnologie non distruttive. "La qualità di un frutto è definita secondo diversi parametri, tra i quali l'aspetto. Un frutto leggermente asimmetrico non è bello. Noi stiamo sviluppando degli algoritmi in grado di analizzare in maniera dettagliata la forma dei frutti", spiega Menesatti.

Ma il post-harvesting è un momento essenziale anche per la raccolta di informazioni. "Oggi si sente parlare sempre più spesso della tracciabilità informativa del prodotto. Visto un kiwi sulla tavola si dovrebbe poter risalire a tutte le fasi produttive", spiega Menesatti.
"In post raccolta si possono raccogliere tutta una serie di parametri come la cultivar, la qualità, i trattamenti che ha subìto, la storia geografica, il valore nutrizionale. Come fare questo in maniera efficiente ed efficace? Utilizzando sistemi elettronici che consentono di tracciare ad ogni passaggio il prodotto e di depositare queste informazioni in un'area che poi è accessibile ad esempio attraverso il web o le app sul cellulare".

Certo, si tratta di costi aggiuntivi che però vengono ripagati dall'offrire un prodotto di qualità superiore e tracciabilità completa.
La tracciabilità sta diventando sempre di più un prerequisito e non un elemento accessorio. Per due ragioni: primo, perché ormai la grande distribuzione vuole sapere prima di ritirare il prodotto la qualità della merce e i trattamenti che ha subìto. Avere tutte le informazioni immagazzinate in maniera automatizzata è dunque un vantaggio.
Secondo, perché il consumatore è sempre più attento a ciò che mette in tavola, e se fino a qualche anno fa il prezzo era la vera discriminante, oggi la qualità e la tracciabilità stanno emergendo in primo piano.

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