Goodbye, Europe. Non sono bastate le manifestazioni per il Remain di Londra, dell’Irlanda del Nord e della Scozia per rimanere con l’Unione europea. Con il 52% dei voti ha vinto la Brexit. Il Regno Unito sceglie di uscire dall’Unione europea. “Out is out”, fuori è fuori, aveva detto il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Non si torna indietro. E così sarà. Molte ora le incognite: quanti Paesi europei cercheranno di lasciare l’Ue? Scozia e Irlanda del Nord continueranno a fare parte della Corona britannica?

Sull’esito referendario, che ha mandato in tilt le borse mondiali e che potrebbe significare un addio anticipato da Downing Street del primo ministro David Cameron (sua la volontà di indire pubbliche consultazioni), si è espresso in mattinata anche Meurig Mansel, presidente della National farmers union (Nfu), il sindacato degli agricoltori del Regno Unito.

Il voto di lasciare l’Unione europea porterà inevitabilmente a un periodo di incertezza in una serie di aree che sono di vitale importanza per gli agricoltori della Gran Bretagna – ha detto Mansel -. La Nfu si impegnerà a fondo e in modo costruttivo con il governo britannico per mettere a punto nuovi accordi e questo deve avvenire il più presto possibile”.

È prioritario sapere che cosa accadrà per l’agricoltura del Regno Unito, un settore che fra il 1990 e il 2016 ha registrato un valore medio del Pil di 2.543,20 milioni di sterline, raggiungendo un massimo storico di 3.009 milioni di sterline nel quarto trimestre del 2014 e il valore record di 2.156 milioni di sterline nel secondo trimestre del 1996 (fonte: UK, Ufficio nazionale di statistica).

I nostri membri giustamente vogliono sapere urgentemente quale sarà l’impatto sulle loro attività – ha proseguito Mansel -. Ci rendiamo conto che per raggiungere un’intesa sui negoziati servirà tempo, ma è di vitale importanza che ci sia presto un impegno per garantire che l’agricoltura britannica non sia svantaggiata. È fondamentale che il settore rimanga redditizia e competitiva, perché costituisce la base del settore alimentare, che è il settore manifatturiero più rilevante della Gran Bretagna”.

Il prossimo venerdì 1° luglio, ha annunciato il presidente, la Nfu convocherà per una riunione straordinaria il consiglio, che è il proprio organo di governo.
Alla vigilia delle consultazioni, Meurig Mansel era stato molto chiaro: “Qualunque sarà l’esito del voto, il governo britannico dovrà fare qualsiasi cosa per assicurare che gli agricoltori del Regno Unito siano competitivi in Europa”.

Il sindacato degli agricoltori britannici evidenzia alcuni punti chiave per il futuro: “Ottenere le migliori possibilità di accesso ai mercati europei, che rimarranno estremamente importanti per gli agricoltori della Gran Bretagna; ottenere l’accesso ai mercati nel resto del mondo, garantendo al tempo stesso di essere protetti dalle importazioni di prodotti realizzati con standard inferiori”.
Inoltre, “garantire che i nostri agricoltori e coltivatori possano ottenere la manodopera necessaria, sia stagionale sia a tempo pieno; costruire una politica agricola inglese, che sia la più semplice possibile, adattata alle nostre esigenze e in grado di garantire la parità di trattamento con gli agricoltori europei, i quali saranno ancora nostri principali concorrenti”.
La Nfu chiede infine che ci sia “un quadro comune per la politica britannica, pur consentendo un certo grado di flessibilità necessaria ai governi decentrati; così anche i regolamenti e le approvazioni dei prodotti dovranno essere proporzionati e basati sul rischio e la scienza”.