Che cos'hanno in comune una bottiglia di vino e un bitcoin, la moneta virtuale usata per le transazioni online? L'intervista a Marcello Gamberale, fondatore di Viveat.

Gamberale, che cos'è Viveat?
"E' una startup che ha l'obiettivo di rivoluzionare il mondo della comunicazione al consumatore tramite packaging innovativi. Con i nostri sistemi permettiamo alle aziende di offrire la 'full product transparency': trasparenza su tutta la filiera produttiva e distributiva, in modo da garantire ai clienti un conoscibilità completa di quello che stanno comprando".

Come funziona il vostro sistema?
"Noi inseriamo un QR-code o un tag Nfc sull'etichetta di un prodotto, che può essere una bottiglia di vino o un pacco di pasta. Il consumatore, attraverso il suo smartphone, può collegarsi ad una piattaforma online fotografando il codice (nel caso del QR-code, ndr) o avvicinando il telefono al prodotto (nel caso del tag Nfc, ndr)".

Quali informazioni sono disponibili?
"Il flusso di informazioni è bidirezionale. Il consumatore può conoscere tutto quello che riguarda il prodotto. Nel caso del vino ad esempio possiamo sapere chi è il produttore, l'annata della vendemmia, le caratteristiche organolettiche, gli abbinamenti, ecc. Inoltre è possibile vedere video, seguire la filiera, fare acquisti o interagire con il produttore".

E le aziende quali dati raccolgono?
"Il produttore riceve un report sul consumatore: in quale supermercato si trova, quali prodotti ha comprato, quali sono le sue abitudini di consumo. In questo modo si possono prevedere delle strategie di marketing tagliate su misura. E poi c'è tutto il tema della tracciabilità".

Ci può spiegare meglio?
"Sulla piattaforma web il cliente può conoscere da dove viene il prodotto che sta acquistando. Nel caso di una bottiglia di olio può conoscere dove sono state raccolte le olive, chi le ha spremute, con quali tecniche, dove è stato imbottigliato il prodotto e come è arrivato sugli scaffali. Lo stesso discorso può essere fatto per ogni prodotto agroalimentare".

Perché un consumatore dovrebbe fidarsi delle informazioni che l'azienda mette online?
"E' su questo fronte che sta avvenendo la rivoluzione. Noi utilizziamo un sistema di certificazione con firma digitale che non può essere manipolato. E' lo stesso protocollo utilizzato da bitcoin, la moneta virtuale. Si chiama tecnologia block chain ed è un sistema che si basa su una rete diffusa di database indipendenti, sui quali si può scrivere solo autenticandosi e sulla base di regole concordate".

Chi è che deve inviare le informazioni?
"Tutti i soggetti della filiera sono tenuti all'invio dei dati che li riguardano. La sfida sta nel rendere semplice e automatico il trasferimento di dati. Ad esempio nel biologico possiamo creare degli automatismi per cui quando il certificatore inserisce nelle proprie banche dati le informazioni su un'azienda queste vengono automaticamente inviate su block chain e sono visibili al consumatore".

Cosa impedisce ad un produttore malintenzionato di copiare il Qr-code presente su una bottiglia che ha seguito questo processo di certificazione e tracciabilità e di stamparlo sulle sue bottiglie?
"Lo può fare, ma lo scopriremmo subito. Ogni singola bottiglia ha un suo codice. Se qualcuno lo copia noi rileveremmo molte connessioni con uno stesso tag, magari in due parti differenti d'Italia in uno stesso momento".

Qual è il costo di questo sistema per un'impresa vinicola?
"Uno dei nostri clienti è una cantina che ha un contratto di abbonamento e spende sui 4-500 euro al mese. Sono inclusi i costi di set up del sistema e l'invio di tutte le informazioni relative alle scansioni dei prodotti. Oltre alla generazione dei codici da apporre sulle bottiglie".

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