L’innovazione nel settore agroalimentare è "open", ha bisogno di una rete e di un approccio olistico che coinvolga l’intera filiera, dal produttore al consumatore, passando forzatamente dalla ricerca pubblica.
La crescita è il risultato di uno scambio aperto, vero motore dello sviluppo del settore alimentare: nessuna azienda innova da sola ma lo fa all’interno della filiera, anche assieme ai competitor.

A sostegno di questa tesi, Alberto Nucciarelli, ricercatore di Economia all’Università di Trento, ha portato il caso del settore agri-food olandese.
Nei Paesi Bassi i produttori di pomodoro mettono in rete l’innovazione di prodotto e di processo e questo modo di agire funziona: è così che sono riusciti ad essere il secondo esportatore di prodotti agricoli al mondo, pur essendo duecento volte più piccoli degli Usa.

E’ stato questo il focus dell’appuntamento "Confronti" che si svolto lo scorso tre giugno nella sala conferenze del Dipartimento di Economia e management di Trento, nel corso del Festival dell'economia - I luoghi della crescita.

Presenti, oltre a Nucciarelli, anche Matteo Vittuari, docente di Politiche di sviluppo rurale all’Università di Bologna ed Andrea Segrè, presidente della Fondazione Mach di San Michele all’Adige e professore di Politica agraria internazionale all’Università di Bologna.

Anche quando si studia il settore agroalimentare non si può guadare solo ai singoli agenti, bensì a come essi interagiscono, pur nella loro profonda diversità.
Vittuari ha citato due progetti finanziati dalla Commissione europea, "Fusions" e "Refresh" incentrati sugli sprechi alimentari, con il coinvolgimento di diversi stakeholder della filiera alimentare.

E’ anche con l’innovazione sociale, creata da individui o da comunità, che si possono combattere gli sprechi nella filiera.
Un problema che ha forti risvolti economici. Basti pensare che, nel 2012, a livello di Unione europea, 88 milioni di tonnellate di cibo sono andate sprecate, 46 delle quali a livello di consumatore, per un corrispettivo di 173 chili di cibo gettato a testa.

Il punto successivo, sollevato da Segrè, è che l’innovazione agroalimentare passa dalla ricerca, soprattutto quella pubblica.
Alla Fondazione Mach, per esempio, si lavora, tra le altre cose, sulla tracciabilità dei prodotti, utilizzando il metodo degli isotopi per combattere il fenomeno dell’italian sounding. Con questo approccio di riesce a risalire in maniera inequivocabile all’origine degli alimenti, garantendone la qualità e tutelando così contemporaneamente produttore e consumatore.