“Gli agricoltori in Irlanda del Nord potranno capitalizzare più di 53 accordi commerciali, che permetteranno di esportare e importare prodotti alimentari senza la burocrazia”.
E' un dato sui benefici dell’appartenenza all’Unione europea quello che il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, snocciola per evidenziare “la dimensione e la forza dell’Unione europea” dal palco della Queens University di Belfast, nell’Irlanda del Nord.

Il tema, neanche a dirlo, è la Brexit, a meno di sei settimane dal referendum che porterà alle urne i cittadini di sua maestà la regina Elisabetta, per decidere se continuare a fare parte dell’Unione europea o se, invece, optare per un'uscita. Il dibattito è acceso e per nulla scontato.

Il mondo agricolo si interroga su che cosa è meglio per l’agroalimentare made in United Kingdom. Pochi giorni fa ne ha parlato appunto Phil Hogan, affermando che “per ogni dieci sterline guadagnate dagli agricoltori dell’Irlanda del Nord, 8,70 sono riconducibili alla Pac.
Con lui, l’ex ministro nordirlandese Fine Gael, che ha acceso i riflettori sul comparto primario, poco considerato nel dibattito complessivo della Brexit, ma di grande importanza per il Paese. “Non possiamo dimenticare che l’agroalimentare per Belfast pesa più del doppio di quanto non sia nel Regno Unito nel suo insieme”, ha rimarcato Fine Gael.

Negli ultimi dieci anni, in particolare, i pagamenti Pac in Irlanda del Nord hanno superato i 2,3 miliardi di sterline, vale a dire l’87% del fatturato annuo dell’agricoltura del Paese.
“Per dirla senza mezzi termini - ha precisato il commissario - se non fosse per l’assistenza europea, molte aziende agricole non solo genererebbero perdite significative, ma sarebbero chiamate a lottare, e in molti casi senza riuscire a sopravvivere”.

Riflessioni di una pubblica lettura all’Università, non certo, si è affrettato a precisare Hogan, “un’indicazione di voto: la decisione spetta al popolo nordirlandese e britannico. Solo e soltanto a voi”.
E' però pacifico che, in caso di uscita dall’Ue da parte della Gran Bretagna, “tutti i piani delineati fino ad ora vedrebbero una significativa riduzione del sostegno agli agricoltori fino a un terzo, con ripercussioni negative sull’economia rurale nel suo complesso”.

L’impegno di Bruxelles è sempre stato onorato. “Che si tratti di aziende lattiero casearie a Fermanagh o di frutteti ad Armagh, l’Unione europea ha sostenuto la tradizione agricola familiare in Irlanda del Nord ed ha assicurato prospettive definite per il futuro”, ha affermato Hogan.
"Anche perché l’Ue rappresenta, con 500 milioni di abitanti, il più grande mercato agroalimentare del mondo, con esportazioni superiori a 129 miliardi di euro nel 2015”. E l’obiettivo imminente da realizzare è quello di “definire nuovi accordi commerciali che consentano a tutti gli Stati membri dell’Ue di estendere le loro vendite ad altri mercati asiatici”.

Certo, si è affrettato di dire Hogan, la Pac non è uno strumento perfetto, “ma come ogni normativa può essere migliorata, resa più semplice ed equa”. Magari partendo da una auspicata “riduzione della burocrazia”.

Ma è chiaro che è più facile concludere negoziati fra l’Ue a 500 milioni con la Cina, che di abitanti ne ha 1 miliardo e 300 milioni, che non se il Regno Unito, con i suoi 64 milioni, fosse da solo.

Infine, si è chiesto Hogan, “con la reintroduzione dei confini per l’uscita del Regno Unito dall'Ue, quale potrebbe essere l’impatto sul commercio illegale e il contrabbando?”.