“Vogliamo produrre cibo di qualità e non carte in quantità”. E ancora: “Agricoltori zero euro” e “Le vacche non mangiano chiacchiere”. Sono alcuni degli slogan riportati sui cartelli di migliaia di agricoltori scesi in piazza questa mattina a Roma, Bologna e Catanzaro per la manifestazione indetta da Cia, Confagricoltura e Copagri contro lo stallo istituzionale, alla quale hanno aderito anche Alpaa, Uci, Ugc e Aic.

Servono risposte immediate per fronteggiare le emergenze del settore primario: dal 2000 a oggi hanno chiuso oltre 310 mila imprese. E' necessario quindi risolvere i problemi che stanno soffocando l'agricoltura italiana come i ritardi nei pagamenti comunitari, la burocrazia, i prezzi all’origine in caduta libera e le vendite sottocosto, le incognite dell’embargo russo, gli investimenti bloccati, la difesa del made in Italy, la cementificazione del suolo, l’abbandono delle aree rurali, i danni da fauna selvatica. Gli agricoltori, quindi, sono in credito, ribadiscono le organizzazioni agricole in una nota. E non solo dei 600 milioni di euro circa che ancora aspettano a liquidazione della Pac 2015 e dei contenziosi del 2014, ma soprattutto di una mancata attenzione del governo verso un settore vitale del Paese che impegna oltre 2 milioni di lavoratori, fattura con l’indotto oltre 300 miliardi di euro e sui mercati stranieri macina esportazioni da record con quasi 37 miliardi realizzati solo nell’ultimo anno.

Ritardi, lungaggini, disservizi e inefficienze della burocrazia sottraggono all’agricoltura 4 miliardi di euro. Ogni azienda produce ogni anno quattro chilometri di materiale cartaceo per rispondere agli obblighi burocratici, “bruciando” oltre 100 giornate di lavoro. Inoltre vi è il crollo vertiginoso dei prezzi alla produzione e della forbice esorbitante nella filiera tra i listini all’origine e quelli al consumo, dove in media per ogni euro speso dal consumatore finale, solo 15 centesimi vanno al contadino. A problemi annosi come questi, si somma la vicenda dell’embargo russo: tra frutta, verdura, carni e prodotti lattieri, il blocco di Mosca alle produzioni agricole italiane è costato finora 355 milioni di euro, con esportazioni made in Italy dimezzate in quasi due anni. Senza dimenticare il dato relativo al consumo di suolo agricolo, che negli ultimi decenni è cresciuto dal 3% al 7,3% erodendo 56 ettari di terra al giorno, convertiti in cemento, con effetti preoccupanti per la tenuta idrogeologica del Paese.

L'obiettivo della manifestazione è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, la politica e le istituzioni: per questo è stato consegnato a  un "documento-piattaforma" di proposte chiare e concrete a sostegno del settore. Le organizzazioni suggeriscono di modificare la Pac nella riforma di medio periodo, accrescere i pagamenti accoppiati ai settori in crisi, ripensare il greening, semplificare radicalmente gli strumenti di gestione del rischio, anche a tutela del crollo dei prezzi.

Sviluppare gli organismi interprofessionali è necessario, secondo Cia, Confagricoltura e Copagri, per avere un'economia contrattuale più equa e trasparente e perché la filiera torni a essere un luogo di creazione di valore, distribuito tra tutte le sue componenti.

Occorre poi lanciare immediatamente le azioni del Psr, ribadiscono le organizzazioni, ma anche le misure del piano latte o di quello olivicolo. Per evitare di importare materiali di propagazione infetti e per bloccare l’import di alimenti prodotti con fitofarmaci vietati in Italia e in Europa è importante una completa valutazione di impatto sugli effetti delle concessioni su alcuni mercati e applicare idonee misure di salvaguardia nonché il principio di reciprocità negli scambi commerciali con i Paesi terzi.

Per unire le competenze delle Politiche agricole e delle Politiche industriali dell’agrofood e affrettare l’approvazione del "Collegato agricolo", bisogna rilanciare il progetto del ministero dell'Agroalimentare. Ma soprattutto le organizzazioni sottolineano la necessità di riformare radicalmente il sistema Agea e degli altri Enti pagatori, per superare i ritardi inaccettabili nei pagamenti degli anni scorsi e la totale incertezza sui valori e sui tempi di quelli futuri. Infine, occorre emanare al più presto una legislazione e una programmazione a difesa del suolo per ridurre il suo consumo e assicurare stabilità idrogeologica, salvaguardando e valorizzando il ruolo delle imprese agricole.

Il settore primario ha un valore inestimabile a livello produttivo, culturale e di salvaguardia dell’ambiente, deve essere quindi sostenuto e non lasciato nell’immobilità - hanno concluso le organizzazioni -. Si tratta di tematiche fondamentali che devono essere comprese anche dall'opinione pubblica e vanno risolte al più presto”.

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