In Italia si parla ancora poco di Internet of food, FoodTech e AgriTech. Eppure il nostro Paese dovrebbe avere il ruolo di apripista nel mondo dell'innovazione in agricoltura e nell'agroalimentare. Ecco perché Marco Gualtieri, ideatore di Seeds&Chips (la prima fiera internazionale dedicata alla food innovation) ha deciso di intervenire nel dibattito sul futuro dell'area di Expo.

L'idea è quella di creare un centro di innovazione nell'agroalimentare. Se in California hanno la Silicon Valley, è il ragionamento di Gualtieri, perché in Italia non possiamo avere una Food Valley? Il governo punta sullo Human Technopole, un centro di ricerca sulla 'scienza della vita'. E perché non affiancargli, nell'immenso spazio lasciato da Expo, anche un luogo in cui innovare il modo in cui il cibo lo produciamo e mangiamo?

Le motivazioni per cui l'Italia dovrebbe porsi alla guida del cambiamento sono tante. Primo, perché quando si parla di agroalimentare si parla di Italia. Il cibo e l'agricoltura sono la nostra storia, il nostro marchio di fabbrica. Secondo, perché per essere competitivi e continuare a nuotare nel mare della globalizzazione bisogna innovarsi, distinguersi, fare passi avanti.

Ed Expo è il luogo perfetto. Milano potrebbe cavalcare l'onda dell'Esposizione universale, raccoglierne il lascito immateriale (e materiale) sfruttando la rete di relazioni e di competenze messe in moto durante i sei mesi di esposizione.

C'è, da parte degli investitori internazionali, un forte interesse verso la Food innovation, tanto che il governo statunitense si è spinto ad affermare che “il cibo è la nuova frontiera della tecnologia”. E il settore è previsto che in dieci anni creerà un milione i posti di lavoro. La ripresa economica passa anche da qui.

D'altronde la posizione geografica, i collegamenti e l'infrastruttura tecnologica del sito di Expo non hanno eguali al momento. E l'Italia può contare su un altro primato. Sul suo territorio hanno sede la Fao, il World Food Programme, l'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) e il Centro di ricerca comune di Ispra (che fa ricerca su ambiente e alimentazione per conto della Commissione europea).

Sarà per queste ragioni che Microsoft ha lanciato a Milano il primo acceleratore per startup nel food. O perché Accenture ha nel capoluogo meneghino il centro mondiale per quanto riguarda il cibo e l'innovazione nella Gdo. Ma le aziende che credono nel settore sono tante: Whirlpool, Cisco, 3M e Ibm per citarne solo alcune.

Dall'Italia potrebbero arrivare le risposte alle grandi sfide che Expo 2015 ha posto a tutto il mondo: sfamare un pianeta la cui popolazione è in continuo aumento. Farlo in un modo sostenibile per l'ambiente, dando alle persone un cibo nutriente e sicuro. L'Italia ha le competenze e la voglia di fare, serve solo un luogo dove trasformare i progetti in realtà.

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