Dal primo gennaio è entrato in vigore in ambito europeo il nuovo meccanismo che regola il settore viticolo nei Paesi membri, ovvero il nuovo sistema delle autorizzazioni. Quest'ultimo va a sostituire i vecchi diritti d'impianto, nell'ottica di una maggior liberalizzazione del settore, seppure legata da alcuni vincoli. AgroNotizie ha intervistato Ruenza Santandrea, responsabile dell'area viticoltura dell'Alleanza delle Cooperative agroalimentari e presidente di Cevico.

1) Qual è il suo punto di vista sulla nuova normativa approvata a livello europeo relativamente al nuovo sistema di autorizzazioni che va a sostituire il vecchio sistema dei diritti di impianto?
"Partirei, innanzitutto, da un dato di fatto. Il nuovo sistema autorizzativo è il risultato di quel difficile compromesso raggiunto in sede europea dopo un duro braccio di ferro tra chi ancora oggi, nonostante i disastri fatti nel settore bieticolo saccarifero, ritiene che la liberalizzazione sia la panacea di tutti i mali e chi, invece, pensa che una ragionevole dose di regolamentazione dei mercati sia lo strumento per difendere il reddito della parte più debole, che è quella agricola, e garantire un’equa distribuzione della ricchezza prodotta lungo l’intera filiera produttiva. Venendo al nuovo sistema autorizzativo, la prima grande preoccupazione era e sarà quella di perdere ancora superficie. L’argomento non può essere sottovalutato, perché è scorretta la tesi secondo cui riducendo la superficie si aumentano i prezzi. Con meno prodotto si perdono solo spazi di mercato e questo è un lusso che non possiamo permetterci".

2) Come va affrontata la riduzione degli ettari?
"Il tema della perdita di ettari va di pari passo con la necessità di crescita che alcune produzioni hanno o che potrebbero avere nei prossimi anni. Il nuovo sistema dovrà sapere far fronte anche a queste esigenze. In buona sostanza, sono convinta che i primi anni di funzionamento del nuovo sistema saranno orientati ad un suo rodaggio, per comprenderne a pieno le potenzialità, ma anche i limiti, per essere pronti a correggerlo qualora ciò si ritenesse necessario. Come cooperazione potremo avere un ruolo di primo piano nella gestione del potenziale produttivo, perché potremo monitorare regolarmente chi al nostro interno intende coltivare e chi no e quindi fare un’attività di programmazione in base all’età dei vigneti e dei viticoltori. Possiamo così sapere quante aziende rimarranno nei prossimi anni e quante, invece, chiuderanno. Questa è un’attività, diciamo, preventiva. Ma la cooperativa che programma le proprie coltivazioni e i propri investimenti rispetto anche alla disponibilità delle autorizzazioni è il nuovo ruolo che possiamo ritagliarci nel futuro in modo forte".
 
3) Conoscendo la struttura e la storia della viticoltura, crede che ci saranno ampi spazi di manovra da parte dei viticoltori italiani per quanto concerne una possibile crescita delle dimensioni aziendali (in ettari)?
"Gli spazi di manovra saranno, per forza di cose, limitati al perimetro disegnato dal nuovo sistema: per l’Italia questo vuol dire che l’aumento di superficie annua, complessivamente, non potrà superare i 6.500 ettari (o poco meno). Tuttavia, come dicevo prima, il nuovo sistema andrà rodato per capire che incidenza avrà realmente sulla nostra viticoltura: la superficie disponibile verrà richiesta integralmente? E poi verrà anche impiegata? Con quale distribuzione geografica? Quali sono le aziende che ne gioveranno maggiormente, quelle di dimensioni ridotte o quelle più grandi? Tutte queste sono domande a cui è difficile dare una risposta a priori perché, anche conoscendo la struttura e la storia della nostra viticoltura, quella in cui stiamo entrando è una nuova era per la viticoltura europea".

4) Quali sono, secondo lei, le prospettive per i mercati se dovesse crescere la superficie a ettari? 
"Dopo quello che è successo nel 2013, la Spagna per prima ha capito che aumentare le produzioni in maniera scriteriata significa farsi male. Per cui i nostri colleghi spagnoli hanno ben recepito il messaggio, perché l’effetto del troppo prodotto si è visto: ti trovi con le cantine piene, devi svuotare per far posto alla nuova vendemmia, abbatti i prezzi e alla fine la remunerazione ai soci può arrivare quasi allo zero. Di fronte a questo, il nuovo sistema dovrà essere in grado di garantire una crescita graduale a quelle aree viticole che esprimono produzioni sostenute da buone prospettive di mercato, così da offrire ai produttori la possibilità di trarre beneficio da un aumento della domanda. Più in generale, sono convinta che dobbiamo continuare a lavorare sulla qualità e sulla promozione di quella grande biodiversità che è il tratto distintivo della nostra produzione vitivinicola nel mondo".

5) Quali sono gli obiettivi che le cooperative vitivinicole devono perseguire in questo nuovo contesto?
"Per le cooperative nello specifico, specie quelle che operano in territori Dop e Igp, la necessità è quella di continuare ad aumentare la quota di prodotto confezionato. Mentre per le altre, quelle che operano prevalentemente sullo sfuso con prodotti generici, e che hanno sofferto di più la concorrenza spagnola, la strada è quella che dicevo prima: cercare alleanze, sinergie con aziende cooperative più strutturate. La capacità del mondo cooperativo è quella di riuscire a occupare tutte le fasce di mercato: dobbiamo posizionarci ovunque, perché dove lasci uno spazio libero, si inserisce qualcun altro. Abbiamo un vantaggio da questo punto di vista, non dobbiamo perderlo".

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