Non piacciono alle Organizzazioni dei produttori ortofrutticoli del Mezzogiorno d'Italia le nuove misure a favore del settore ortofrutticolo colpito dall’embargo della Russia.
La Commissione Europea le ha presentate a Bruxelles lo scorso 16 luglio al competente Comitato di gestione nel quadro di un articolato progetto di regolamento europeo. Come noto, il provvedimento passerà ora all’esame del collegio dei Commissari e si prevede una sua approvazione finale entro il 31 luglio in modo che sia operativo già a inizio agosto. La sua durata è fino al 30 giugno 2016. 
 
Per l’Italia è previsto un plafond di ritiri complessivo di circa 50 mila tonnellate di prodotto vincolato a singoli gruppi di frutti. A questo si aggiunge anche un ulteriore plafond da 3 mila tonnellate che può essere gestito a livello nazionale. Le tipologie di azioni ammesse sui prodotti ortofrutticoli oggetto del regolamento riguardano: ritiro dal mercato e destinazione agli indigenti, mancata raccolta e raccolta verde. Ma le Op meridionali lamentano l’impossibilità di essere ammesse al regime di aiuti, pur subendo un danno non da poco, sia diretto che indiretto. Per tacer degli importi che finirebbero per essere comunque bassi.
 
Dice Giuseppe Giaccio presidente della Op Giaccio Frutta, che fa base a Vitualazio, nel casertano, ma con soci in tutta la regione: “Il fatto che la politica si preoccupi di fornire aiuti all’ortofrutta sul fronte dei danni provenienti dall’embargo posto dalla Federazione Russa, di per sé, non può non far piacere, ma credo che si tratti sul piano quantitativo di numeri piccoli”.
 
Giaccio spiega: “Nella sola Campania annualmente si producono non meno di 70mila tonnellate di sola frutta fresca, grazie a terreni fortemente vocati ed a condizioni climatiche ottimali. Ecco perché dico che mi sembrano numeri piccoli se riferiti all’intero comparto dell’ortofrutta italiano. 
Inoltre la nostra Op ha una presenza sui mercati internazionali non grande, ma l’impatto dell’embargo arriva sui mercati italiani per spiazzamento -
sottolinea Giaccio - La merce spagnola che non si vende più sulle piazze russe, ormai arriva, e con molto anticipo rispetto alle produzioni nazionali, sui mercati italiani e stranieri, bersaglio della frutta italiana, e a pagare il conto sono le Op e gli operatori che hanno investito di più sulla qualità, che offrono un prodotto migliore, ma più caro, e che non sono eleggibili per gli aiuti, perché non colpite in maniera diretta, non esportando verso la Russia”.
 
 Sergio Curci è il presidente di Arca Fruit, Op con base in provincia di Bari, e fa notare: “Guardi, queste norme non tengono conto di una cosa essenziale: l’export di ortofrutta italiano parte dalle piattaforme logistiche di Lituania e Polonia e fa conto come se fosse export di quei Paesi, che incasseranno su quelle piattaforme gli aiuti. E questo discorso vale soprattutto per il Sud, dove siamo completamente tagliati fuori dalla possibilità di incamerare gli aiuti, pur avendo esportato verso la Russia, anche se in maniera indiretta".

Curci poi torna sul tema dell’effetto di spiazzamento provocato dal prodotto spagnolo: "La Russia faceva si da assorbire frutta di massa – più acerba e con un grado zuccherino più basso, che ripuliva il mercato occidentale. Oggi il prodotto arriva sui mercati europei di Francia, Italia e Germania e fa concorrenza sul prezzo al prodotto italiano che è di qualità”.