“I prodotti agroalimentari della Terra dei fuochi  - la fascia di territorio a cavallo tra le provincie di Napoli e Caserta oggetto di un’ampia e approfondita indagine del ministero per le Politiche agricole e del ministero della Salute a causa delle segnalazioni di multiformi fenomeni di inquinamento ambientale – sono i più sicuri al mondo perché sono i più controllati ed è da escludere qualsiasi collegamento tra il loro consumo e l’insorgenza di patologie tumorali in quel territorio”. Così oggi Antonio Limone, commissario straordinario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale per il Mezzogiorno di Portici e membro della Commissione interministeriale che sta effettuando il monitoraggio sul territorio durante un corso di aggiornamento tenuto dall’Ordine dei Giornalisti a Caserta. Limone però avverte: ”Il problema della falda acquifera inquinata è reale e in futuro potrebbe compromettere la possibilità di continuare a coltivare ampie fasce di territorio”.

Nella Terra dei fuochi, ad oggi, sono circa 16 gli ettari di terreno agricolo interdetti alla coltivazione perché inquinati, ma sono ben 2000 quelli sui quali per irrigare non si dovrebbe più utilizzare l’acqua dei pozzi, perché troppo inquinata. Sono dieci i comuni tra le province di Napoli e Caserta con questo problema, tra i quali Acerra e Giugliano in Campania, in provincia di Napoli, dove ai sindaci è toccato di dover intervenire con provvedimenti di interdizione all’uso irriguo delle acque di falda. Un problema circoscritto, originato in parte dal deposito abusivo sotterraneo di rifiuti tossici e nocivi, ma reale, eppure alimentato, pro quota da un fattore di carattere normativo.

”Su molti inquinanti, presenti sia nel terreno che nelle acque di falda, ricordo che la Regione Campania non ha mai elaborato propri valori di fondo e valori soglia rispetto all’uso agricolo e irriguo – dice Limone - come fatto da molte altre regioni italiane, quindi ci troviamo a dover caratterizzare i siti tenendo presente delle indicazioni che scaturiscono dalle Raccomandazioni dell’Ue, che ovviamente sono numeri calati dall’alto e che non tengono presente dell’uso fatto dei terreni nel tempo e della loro natura geologica”.

Imponente il lavoro fatto per le diossine: “Si è definitivamente appurato che l’inquinamento da diossine in Campania è debole, puntiforme, originato per lo più dai roghi di rifiuti, che hanno una natura itinerante sul territorio, pertanto, la ricaduta sui prodotti agricoli è limitata – ha detto ancora Limone, che ha ricordato  - negli ultimi tre anni tutti i controlli effettuati sugli allevamenti in Campania per diossine e furani hanno dato esito negativo rispetto al superamento dei valori soglia, mentre per trovare un caso di positività occorre risalire al 2011”.
Inoltre, una vasta campagna di informazione ha azzerato l’uso della bruciatura delle coperture di plastica delle serre, che una volta dismesse ora vanno in discarica o sono indirizzate al riutilizzo.

In caso di incendi sospetti nelle vicinanze dei campi è importante una buona pratica agricola, al fine di limitare la contaminazione da diossina del mais: ”Bisogna falciare le piante alte, lasciando al suolo la parte del fusto più vicina alle radici, dove il bioaccumulo è più forte – ha detto Limone. Rassicuranti anche i dati sulla Mozzarella di Bufala Campana Dop “Su oltre 23mila controlli effettuati solo lo 0,8% presentavano delle difformità, che però non riguardavano aspetti sanitari - ha detto Limone - ma l’applicazione del Disciplinare di produzione”.  Importante poi il ruolo che sta avendo l’utilizzo da parte delle imprese del sistema di tracciabilità Qr Code Campania Sicura: “Sempre più aziende agricole e di trasformazione agroalimentare vi stanno ricorrendo, ma occorre fare un salto di qualità, perché in alcuni mercati si continua a punire il prodotto della Campania sulla base di un pregiudizio”.