C’è solo un nemico a tavola: la paura del cibo.
E per combatterla, non resta che riscoprire l’origine e la lavorazione degli alimenti di tutti i giorni. Nell’ottica di promuovere la corretta informazione sui prodotti agricoli di quotidiano utilizzo, oggi si sono riuniti professionisti della comunicazione, accademici, cultori di alimentazione e agricoltori, al convegno “Dal campo alla tavola: la salubrità dei nostri prodotti nelle ricette di tutti i giorni” organizzato da Confagricoltura Bologna, Accademia nazionale di agricoltura e dalla delegazione bolognese Accademia dei Bentivoglio dell’Accademia della Cucina.
L'iniziativa ha avuto il patrocinio della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Bologna, della Città Metropolitana, della Regione Emilia Romagna, della Scuola di farmacia biotecnologie scienze motorie - Alma Mater Studiorum di Bologna e del QN-Il Resto del Carlino.

Ad aprire i lavori, Gianni Tosi, presidente provinciale e regionale di Confagricoltura che ha dato voce “a chi produce cibo e a chi opera per preservare l’alta qualità delle produzioni agricole di antica tradizione”.

Bisogna tornare a ciò che si è fatto per 10mila anni e dimenticato, però, negli ultimi lustri. L’agricoltore deve riappropriarsi del suo ruolo, quello di protagonista e testimone della cultura materiale del territorio. E’ lui che dà garanzia al prodotto e talvolta lo rifornisce direttamente. Ed è sempre lui che spesso lo fa decollare anche all’estero divenendo così il migliore e insostituibile ambasciatore della realtà da cui proviene” dice Guglielmo Garagnani, vice presidente di Confagricoltura Bologna che nella vita fa l’allevatore e produttore di Parmigiano Reggiano.

E’ proprio l’azienda agricola – aggiunge Maria Luisa Bargossi, responsabile del Servizio territorio rurale della Regione Emilia Romagna - che oggi assolve un compito primario nell’avvicinamento della campagna alla città, attraverso lo sviluppo della multifunzionalità, la trasformazione dei prodotti e l’educazione alla corretta alimentazione e al consumo consapevole”.

Questo convegno – rimarca Giorgio Cantelli Forti, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura - coglie pienamente l’azione virtuosa e propulsiva che la nostra istituzione persegue come obiettivo culturale e scientifico, a partire dall’inaugurazione del 207° Anno Accademico avvenuta lo scorso anno”.
Poi apre il confronto sul made in Italy che “vuol dire, non solo e non tanto il prodotto finale a tavola, ma anche, che le materie prime siano dell’agricoltura italiana considerata come la più sicura nella salvaguardia della salute del consumatore. La qualità di un prodotto, pertanto, deve essere garanzia di sicurezza e processo. Una spesa “leggera”, quindi, non sempre corrisponde alla richiesta di sicurezza alimentare, in quanto la sicurezza stessa, i costi delle materie prime e dei prodotti incidono sul prodotto finale”.

Qualità e salubrità, dunque, faticano non poco a distinguersi sui banchi del mercato, pur tuttavia sembrano essere la ricetta di lunga vita.
E’ ormai assodato, infatti, che stili di vita non appropriati e una non corretta nutrizione rappresentano le principali cause determinanti le più importanti patologie cronico degenerative" asserisce Silvana Hrelia, docente dell’Alma Mater Studiorum di Bologna e direttore del Centro ricerche sulla Nutrizione - Dipartimento di Scienze per la qualità della vita. 
Tra le nuove strategie di prevenzione l’attenzione si è focalizzata sullo studio dei componenti degli alimenti in grado di esercitare un’azione protettiva/preventiva: la nutraceutica. Hrelia ha inoltre introdotto il nuovo concetto di nutrizione traslazionale che “vede nell’agroalimentare italiano la maggiore e migliore fonte di composti in grado di agire come “proiettili biomolecolari interattivi” a tutela della salute e del ben-essere”.

Mai come oggi – conclude Giorgio Palmieri, vice delegato delegazione di Bologna - Accademia dei Bentivoglio dell’Accademia Italiana della Cucina – dobbiamo riacquisire fiducia in quello che mangiamo. Dalla fine dell’Ottocento è iniziato il progressivo allontanamento della città dalla campagna e in particolar modo dall’agricoltura. L’età della paura dipende dal nostro cattivo, o addirittura inesistente, rapporto con la terra: l’urbe riscopra le proprie radici rurali”.
Poi entrando nel merito dei sapori più veri e autentici, ha ricordato i molteplici modi di fare cucina nel Terzo Millennio capaci di valorizzare la bontà degli alimenti, tra cui metodi di cottura brevi e tecniche della freschezza.