La notizia è piuttosto sensazionale: il Consorzio agrario di Cremona dopo 119 anni passa alla Coldiretti.

Le elezioni dei giorni scorsi, che hanno coinvolto gli agricoltori cremonesi nella elezione a tappe dei delegati che il prossimo 30 aprile dovranno designare il presidente, hanno premiato il sindacato guidato a livello locale da Paolo Voltini. Il quale potrebbe essere il prossimo comandante in capo del Cap di Cremona, fondato nel 1896, con un fatturato di 180 milioni di euro, una sede nel centro storico della città, un polo industriale nell’area del porto canale, quattro sedi periferiche e tremila soci.

Sarà la svolta per la realizzazione di una coalizione di consorzi agrari sul territorio padano o lombardo veneto? O il Consorzio agrario di Cremona manterrà la propria autonomia? Un ragionamento per ora prematuro, ma che verrà con ogni probabilità affrontato nei prossimi mesi.

Cifre alla mano, i delegati targati Coldiretti sono saliti a 63, mentre quelli della Libera associazione agricoltori cremonesi, cioè la Confagricoltura, sono scesi a 58. Effetto di 1.269 voti per i primi contro 1.153 designati ai secondi. Dalle colonne della Provincia di Cremona, quotidiano di riferimento del territorio, la cui proprietà è saldamente nelle mani della Libera, si parla di “fuoco amico”, di voti cioè che una parte di associati alla Libera avrebbero espresso per Coldiretti.
Il commento del presidente della Libera, Pierluigi Filippini, è laconico: “Il Consorzio, una realtà con un’ottima gestione e con i conti a posto, l’abbiamo regalato noi alla Coldiretti, perché tanti dei nostri sono confluiti dall’altra parte”.

Una frase che suona un po’ come un’accusa di tradimento e che alcuni imprenditori della Libera respingono seccamente. “Non vi è stata alcuna possibilità di decidere i delegati da eleggere – sostengono, chiedendo l’anonimato - perché i nomi sono stati imposti dal presidente della Libera Pierluigi Filippini e dal presidente confederale Mario Guidi”.

Saranno effettivamente questi i motivi del “fuoco amico” che ha affossato dopo 119 anni il predominio di Confagricoltura? O si celano altre motivazioni? Difficile dirlo, anche se alla vigilia delle votazioni, un comunicato stampa diffuso da Coldiretti Cremona lanciava accuse precise. “Occorre un cambiamento di rotta, di strategia, di comportamento, di gestione, di collocamento nello scenario nazionale, di ruolo, E quindi di governo di questa realtà economica. Sì, di governo, perché chi si è assunto la responsabilità di guidare il Consorzio Agrario non può non rispondere per le mancate risposte alle aspettative delle imprese”, dichiarava Paolo Voltini.

Sempre Coldiretti scriveva nella nota: “Ci sono troppe cose che non quadrano. A partire dalle situazioni di bilancio, dai diversi comportamenti riservati ai soci e clienti, con qualcuno considerato di seria A e qualcuno di serie B, dall’isolamento in cui si trova il Consorzio nello scenario nazionale, dalla mancata offerta di servizi ed opportunità moderne per le imprese, dall’incapacità di reinventarsi per diventare una piattaforma di sviluppo della filiera agricola italiana. A nulla vale la propaganda (sembra di essere tornati indietro di cinquant’anni) di queste settimane del quotidiano di Cremona”.

Ma cosa pensano – affermava Voltini – che la gente non si sia resa conto del fatto che vengono lanciate iniziative fuori tempo massimo, solo perché altri le stanno realizzando da tempo e le propongono con successo, anche a Cremona! Cosa pensano, che basta scrivere sul giornale che le cose vanno bene, che il futuro sarà glorioso, perché gli agricoltori ci credano?”

Insomma, un’elezione ad alta tensione, sfociata nella vittoria di Coldiretti. “Il voto di tantissimi agricoltori ha confermato la convinzione che da tempo avevamo, cioè che la necessità di un cambiamento forte e radicale fosse avvertita dalla grandissima maggioranza delle imprese agricole cremonesi”, è stato il commento di Voltini.


Autore: Fabrizia Colonna