Pesticidi, Trentino in cima alla classifica italiana

Numeri. Sempre numeri. Disgraziatamente numeri.
Rai3: durante la puntata del 15 febbraio di "Presa Diretta", programma condotto da
Riccardo Iacona, emergono dati sugli usi degli agrofarmaci che fanno sobbalzare i trentini. Già, perché nella Provincia autonoma verrebbero utilizzati 40 chilogrammi per ettaro contro i nove della media nazionale. Oltre quattro volte tanto.
Chi assiste al programma chissà cosa avrà pensato. Forse che in Trentino gli agrofarmaci li regalano. Oppure che l'irrorazione delle colture agrarie sia una sorta di sport locale con tanto di citazione nel Guinness dei Primati per l'agricoltore che ne spruzza di più.  Niente di tutto questo, ovviamente.

In Trentino l'uso elevato per ettaro di prodotti per la difesa dipende per lo più dallo specifico indirizzo colturale locale. Infatti, le due colture regine sono vite e melo, cioè quelle ove le avversità sono tali e tante che stare sotto certe soglie di applicazioni fitosanitarie implica perdite economiche così importanti da rendere del tutto inutile coltivarle.
Non sono infatti rari gli anni ove si sale sopra le venti applicazioni, fra fungicidi, insetticidi e, in minor parte, erbicidi.
Tutto un altro paio di maniche rispetto ad aree geografiche con indirizzi colturali differenti. Nelle Crete Senesi, vocate al grano, si applica un diserbo e un fungicida ed è finita lì. Un po' più articolata la difesa del mais cremonese, con un diserbo di pre-emergenza seguito da un post e magari un'applicazione insetticida contro la piralide. Ove c'è, contro la Diabrotica si deve applicare pure un geodisinfestante, i cui molti chili per ettaro sono però rappresentati per più del 99% da coformulanti inerti. Quindi il calcolo si falsa di molto per eccesso.
Rispetto ai molti milioni di ettari che ricevono pochi chili all'anno, abbassando la media, aree melicole e viticole come la Val D'Adige necessitano quindi di molti più chili di prodotti. E ciò li pone ovviamente sopra la suddetta media.
Concetto, questo, che viene ricordato anche da Michele Dallapiccola, assessore all’agricoltura trentina, il quale risponde alla trasmissione di Rai3 ricordando come il confronto dovrebbe essere fatto a parità di indirizzo colturale, dato che a differenza delle colture alte quelle erbacee  necessitano di un impiego molto più contenuto di prodotti per la difesa.
Confrontare il Trentino con la media nazionale ha quindi più o meno lo stesso senso che avrebbe paragonare colture diverse: il pero non è la soia, la fragola non è il triticale e la vigna non è l'ulivo.
Usare le zone e le colture a basso utilizzo di agrofarmaci per far sembrare fuori dal Mondo le quantità usate altrove non ha quindi il benché minimo senso. Oppure ce l'ha, ma in questo caso è meglio non fare ipotesi, perché si rischia di sconfinare dall'agricoltura, dalla salute e dall'ambiente per finire su motivazioni per lo più di audience mediatica o associazionistica.

"Dal punto di vista della tecnologia - conclude l'assessore trentino - c’è un abisso tra la situazione attuale e quella a cui i dati riportati nel servizio si riferivano. Oggi infatti il 70% dei prodotti utilizzati in agricoltura è ricompreso nei disciplinari bio".

Già. Chissà cosa succederebbe se i calcoli venissero rifatti paragonando per esempio un ettaro di vite a conduzione integrata e uno a bio, visti gli impieghi molto più alti nel secondo quanto a peso assoluto di agrofarmaci. Rame e zolfo, del resto, sono i primi due agrofarmaci in Italia quanto a tonnellate vendute e applicate. Per giunta, essi dominano su alcune colture quando queste siano difese seguendo protocolli biologici. I loro dosaggi sono infatti nell'ordine dei chili e le applicazioni sono spesso più frequenti rispetto a molecole di sintesi più persistenti oppure sistemiche, da usarsi per giunta a dosi più basse.
Forse, sarebbe interessante rifare quindi i calcoli su quanto aumenterebbero le tonnellate di "pesticidi" usati in Trentino se tutta la Provincia si convertisse al biologico. Così, per pura curiosità.
E magari per sottoporre la questione a tutti coloro che quando non sanno cosa fare, chiedono la conversione a biologico dell'intera agricoltura italiana.



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