Prima o poi, i nodi verranno al pettine. Chi infatti ha applaudito a scena aperta la decisione europea di delegare agli Stati ogni decisione sugli Ogm in campo, ora forse sta sudando freddo. Già, perché in questi mesi la Comunità europea sta seriamente pensando di delegare ogni decisione anche sui prodotti derivanti da Ogm, quindi alimenti e mangimi. Questo almeno secondo una notizia diffusa da FirstOnline, secondo la quale ciò servirebbe ad aggirare ogni problema sulla libera circolazione delle merci. Infatti, queste potrebbero “circolare” liberamente all’interno della Comunità, ma se un Paese non li vuole, sarebbe libero di non usarli. In altre parole, gli Ogm farebbero come una nota pubblicità di acque minerali: se uno Stato non li vuole, passerebbero e andrebbero. Un cavillo apparentemente ridicolo, ma che un suo senso pur ce l’ha: liberare chi ha voglia di crescere e prosperare, lasciando libertà di eutanasia agli Stati che non si vogliano mettere al passo coi tempi.
 

Ognun per sé, Dio mercato per tutti

 
La Commissione europea, come detto, starebbe meditando alcune modifiche nelle procedure eurocomunitarie che attualmente regolano le autorizzazioni dei prodotti derivanti da Ogm. Questi, per quanto concerne i soli aspetti agronomici, sono stati appena affidati ai singoli Stati, i quali potranno autonomamente decidere se autorizzarne o proibirne la coltivazione in campo.
Se la UE procederà sulla via trapelata da Bruxelles, in un prossimo futuro la stessa sorte potrebbe capitare pure agli alimenti per uso umano e ai mangimi a indirizzo zootecnico. Un destino, questo, che verrebbe condiviso anche dai loro singoli ingredienti.

Forse stanca delle infinite diatribe ideologiche e delle risse da pollaio, la Ue potrebbe cioè concedere la possibilità di ergere singoli divieti nazionali in cambio di una maggior facilità autorizzativa a livello continentale. In soldoni, un Ogm potrebbe essere valutato e approvato molto più celermente dall’Europa, tanto poi chi non lo vuole ha comunque la possibilità di dire no al di qua dei suoi confini nazionali.
E qui casca l’asino. O meglio, cascano gli asini, visto che al di qua delle Alpi di questo tipo di equidi se ne trova in gran numero.
Già, perché la fretta e la furia con cui sono stati approvati i Decreti anti-Ogm in campo, ora potrebbe creare seri problemi proprio a chi da anni cavalca la paura verso il biotech, al fine di assecondare un’opinione pubblica terrorizzata dai soliti professionisti dell’Armageddon incipiente.
 
In modo alquanto saggio, infatti, la Ue sbolognerebbe sul singolo Stato che dice no ogni eventuale bega legale che gli esportatori stranieri potrebbero sollevare contro le proibizioni al libero scambio delle merci. Al momento, infatti, vi sarebbero ancora in sospeso in Europa la bellezza di 17 richieste di autorizzazione, visto che l’ultima risale al novembre 2013. Motivo per il quale gli esportatori di merci contenenti Ogm, soprattutto i produttori d’Oltreoceano di mangimi zootecnici, da tempo minacciano noi europei di portarci davanti alla Wto, acronimo di World trade organisation, la quale già in passato aveva giudicato illegale la moratoria che dal 1999 al 2003 aveva di fatto impedito il libero scambio di merci se queste contenevano Ogm.
Non che le pressioni su Bruxelles arrivino solo dai Paesi del Nord e del Sud America, intendiamoci, visto che pure gli importatori di mangimi e gli allevatori europei che li utilizzano sono ben consapevoli del terremoto economico che si verificherebbe in caso venisse sbarrata la strada alle granaglie biotech.
Granaglie sulle quali si basa infatti buona parte del nostro business agroalimentare, dalla carne al latte, dai salumi ai formaggi. Basti pensare che solo di soia la UE importa più di trenta milioni di tonnellate, il cui 90 per cento è Ogm. Chi non la vuole, liberissimo di farlo. Poi però sono cavoli suoi.
 
A questo punto, se la coerenza è ancora di questo Paese, chi ha gioito per la possibilità di proibire la coltivazione degli Ogm - perché ritenuti pericolosi e insalubri - ora avrà una brutta gatta da pelare. Se li proibisce anche in forma di cibi e mangimi, fa crollare un castello dal valore di decine di miliardi di euro e mette in braghe di tela produttori e consumatori. Se invece non li proibisce, evitando il suicidio agroalimentare del Paese, deve però spiegare al popolo tale decisione, la quale cozzerebbe frontalmente proprio con la precedente proibizione agli Ogm coltivati.
 
Come spiegare infatti agli Italiani che quei “mostri genetici” non si possono coltivare, ma si possono mangiare? Come spiegare al popolino che se oggi può gustarsi carni, latte, salumi e formaggi, magari tipici e un sacco costosi, è proprio grazie alla possibilità di usare mangimi d’importazione, visto che l’Italia agricola è stata così massacrata da non poter fornire tutta la materia prima necessaria? Quanti palazzi di cartongesso-finto-marmo crollerebbero se si stabilisse che l’Italia vuole essere “100% Ogm free”? Quanti business industriali, distributivi e associativi che oggi lucrano su cibo & gastronomia verrebbero danneggiati da tale decisione? Tanti, troppi. Realizzare filiere zootecniche avulse dagli Ogm appesantirebbe così tanto i bilanci delle aziende italiane che l’intero comparto collasserebbe, visto che i maggiori costi non verrebbero mai compensati da maggiori prezzi alla produzione. Chi fa prosciutti, salami, coppe, formaggi d’ogni tipo, semplicemente, aumenterebbe gli acquisti dall’estero, moltiplicando i salumi che da vivi grugnivano in polacco o in danese, come pure formaggi le cui lattifere muggivano in francese o rumeno. Senza dimenticare i muggiti in brasiliano, argentino e statunitense delle bistecche e dei magatelli.
Allora si che qualcuno potrebbe mettere il naso anche nei tanti “Made in Italy” resi tali per Legge, visto che le materie prime da cui sono composti sarebbero sempre più straniere. Come pure emergerebbe finalmente in tutta la sua prepotenza il fatto che quei salumi marchiati Igp sono fatti con carni che lo Stivale lo hanno visto solo dopo morte.
 
E forse, finalmente, chi ha messo in ginocchio l’agricoltura nazionale per fare gli interessi di una minoranza di spregiudicati furbacchioni, dovrebbe renderne conto al proprio Paese.
Un Paese messo sempre più alla mercé di quegli stranieri ben più razionali e intelligenti che mentre noi ci si beava di ostacolare il progresso, loro lo anticipavano mettendo fuori mercato i concorrenti più stupidi. Cioè noi.
Charles Darwin, il padre dell’Evoluzionismo, soleva dire che sopravvivono solo le specie che sanno meglio adattarsi ai cambiamenti. Chi resta indietro, attaccato a false tradizioni e a falsi miti, è destinato a perire.

I migliori complimenti vanno quindi alla Ue, la quale con il suo “uno-due” in materia di deleghe porrebbe le basi perché la selezione genetica abbia finalmente inizio.
Non resta che sedersi sulla sponda del fiume e aspettare.
Quando i succitati palazzi di cartongesso-finto-marmo saranno crollati, forse si potrà ricostruire l’agricoltura italiana per come le sfide del Terzo Millennio impongono che sia.