"La lavande n'est pas un produit chimique. Non a la réglementation Reach". Tradotto in italiano, "La lavanda non è un prodotto chimico. No al regolamento Reach".
La scritta sopra riportata campeggia da tempo su alcuni cartelli apposti nei campi di lavanda della Provenza, area geografica nel Sud della Francia la cui bellezza è rappresentata in buona parte dalle colorate distese di lavanda, appunto, e di ginestre.

Da un articolo del Washington Post del 7 settembre scorso si apprende infatti che i produttori francesi di lavanda si oppongono con forza all’applicazione del nuovo Regolamento Reach, acronimo di "Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals", ovvero quello che norma il settore dei prodotti chimici. Secondo il Reach, infatti, entro il 2018 dovranno essere riviste le classificazioni e l’etichettatura di molti prodotti chimici. L’olio concentrato di lavanda rientrerebbe nel computo e dovrebbe quindi esibire in etichetta la frase “Può essere fatale se ingerito o inalato”. Immediata la levata di scudi dei produttori, i quali ritengono che tale frase sia altamente penalizzante per il loro business e che, in fondo, l’olio di lavanda al limite produrrebbe solo dei rash cutanei di tipo allergico. Un nonnulla quindi, almeno secondo i produttori. Questi ultimi reputano pertanto esagerata tale modifica delle etichette e già urlano al cataclisma che essa avrebbe sul loro prezioso giro d’affari.

Già, perché intorno alla lavanda orbitano circa mille e 500 produttori, i quali danno lavoro a quasi trentamila addetti e venderebbero il loro prezioso olio essenziale a prezzi spesso superiori ai 100 euro al litro. All’urlo quindi di “La lavanda non è un prodotto chimico!” i coltivatori di questa preziosa tradizione si scagliano contro le regole del Reach chiamandosene fuori, in quanto queste sarebbero da considerarsi idonee solo per i “prodotti chimici”, mica per loro.
C’è il rischio di essere collegati a un prodotto chimico – avrebbe infatti commentato Emilie Zamora, responsabile della comunicazione dell’unione di produttori – e questo potrebbe portare confusione nei consumatori”. Una frase che si commenta da sola, in effetti, visto che il Regolamento Reach si prefigge proprio di tutelare i consumatori da ogni possibile tipo di confusione e di pericolo.
 
La posizione dei “lavandicoltori” francesi si candida perciò  a simbolo del moderno malvezzo di considerare la Natura come qualcosa di diverso dalla Chimica e di gabellare i prodotti naturali come sicuri a prescindere, mentre i prodotti “kimici” sarebbero sempre “kattivi”. E lo sarebbero altrettanto a prescindere, ovviamente, perché l’ideologia se non si muove su infiniti “a prescindere” sembra proprio non sia contenta.
Una menzogna, quella del naturale sempre buono, sulla quale da decenni fanno quattrini a palate centinaia di aziende che con i propri prodotti a orientamento “salutistico” riempiono gli scaffali di negozi e supermercati. A tal proposito, forse aiuterebbe rivisitare quanto usato da Socrate per togliersi la vita, ovvero la cicuta. Come pure gioverebbe che il cittadino venisse edotto su come stanno veramente le cose su certi preparati erboristico-fitoterapico, magari leggendo cos’è successo alla salute di alcuni consumatori americani, per così dire, sfegatati, di prodotti naturali (Leggi l’articolo).
 
Ora però, grazie al Reach, si ha l’opportunità di smascherare una delle tante mistificazioni che hanno illuso milioni di consumatori, cioè quella di raccontare loro che la chimica è sempre cattiva, salvo poi dover ammettere che perfino i prodotti spacciati come anti-chimici, alle fin fine, chimici lo sono pure loro. Un’eventualità, questa, che fa tremare ovviamente le gambe a chi finora ha lucrato alla grande vendendo più concetti che prodotti. E questo nel marketing potrebbe anche passare, a patto che i concetti siano veritieri e non ingannevoli.
 
E tornando al caso in questione, cioè l’olio essenziale di lavanda, è o non è questo un insieme di molecole chimiche? Si, lo è. È o non è stato verificato che può avere effetti negativi sulla salute? Si, per le regole del Reach è stato verificato. E allora per quale arcana ragione sulle confezioni di olio essenziale di lavanda non dovrebbe comparire quella scritta? Anche il tabacco è un prodotto naturale, ma una volta arrotolato in una sigaretta e fumato diventa cancerogeno. E infatti sui pacchetti delle “bionde” campeggiano scritte che vanno dal preoccupante al funereo. La Legge deve infatti tutelare i cittadini segnalando pericoli, sia che essi provengano da un solvente di sintesi o da un pesticida, sia che derivino da una tisana o da un olio essenziale. Una fragranza usata per scopi tutt’altro che irrinunciabili, per giunta. A meno di convenire che profumare le camice in un cassetto sia più importante di produrre cibo nei campi coltivati.
 
A difesa dei propri prodotti, i produttori di lavanda ricordano però che da secoli la loro essenza si usa diffusamente e non sarebbero mai stati segnalati problemi seri. Un’osservazione interessante, in effetti, visto che anche gli ogm sono coltivati da vent’anni e nessuno ha sviluppato branchie o è finito al cimitero per colpa loro. Seguendo questa logica, quindi, ciò che non ha dato problemi nel tempo andrebbe tolto dalla lista dei cattivi e lasciato in pace. Uno strano modo di accendere e spegnere a piacimento il cosiddetto “Principio di precauzione”, il quale prevede che nulla possa essere autorizzato se non ne è dimostrata scientificamente l’innocuità. Un principio che stando proprio alle posizioni sopra esposte andrebbe ampiamente rivisitato a favore di quei beni che invece di essere venduti nelle erboristerie sono commercializzati nelle rivendite di mezzi tecnici.

Spiacente quindi per chi è sbiancato all’idea di dovere fare i conti con il Reach e con ogni tipo di normativa atta a garantire la sicurezza di cittadini e consumatori: l’ora di far sapere loro la verità si avvicina sempre più. Entro qualche anno, si spera, la gente resterà forse un po’ stupita nell’apprendere che il tal prodotto naturale è magari tossico se ingerito ed è pertanto da tenere fuori dalla portata dei bambini, esattamente come si deve fare con una bottiglia di candeggina o con un insetticida per le formiche.
Sarà sempre tardi, infatti, quando finalmente si potrà distinguere fra prodotti ad alto e basso rischio, indipendentemente dalla loro origine, ora naturale, ora di laboratorio.