L'auspicio è che da Expo emerga una serie di leggi che i Paesi in breve tempo possano mettere in atto sulla difesa delle sementi tradizionali, l'educazione in campo agroalimentare, fino agli incentivi alle buone pratiche agricole".

Parole di Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food e membro del Consiglio d'amministrazione della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn), che ha inoltre aggiunto: "Avremo un protocollo che saprà farsi carne se da strumento operativo per i governi sappia anche creare mobilitazione tra i giovani''.
Perchè, spiega Petrini, "Se vogliamo che Expo 2015 lasci sedimenti è necessario che renda coesa e visibile una comunità di intenti. Sarebbe un errore limitarsi a una carrellata di eventi".

Il primo dibattito online sul Protocollo di Milano, lanciato dalla Bcfn, fa emergere un forte appello ai leader di tutto il mondo in vista di Expo 2015. Nel frattempo continuano a crescere i sostenitori di un accordo mondiale su alimentazione e nutrizione.

Aderiamo con convinzione al Protocollo di Milano - fa sapere Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - perché condividiamo pienamente i tre obiettivi strategici dell’azione proposta: lotta agli sprechi alimentari – agricoltura sostenibile (preservare le risorse naturali a partire dalla fertilità del suolo, qualità e quantità di acqua, biodiversità – garantire la salute dei cittadini eliminando o riducendo al minimo l’usto di sostanze chimiche dannose per la salute e gli ecosistemi) – stili di vita (a partire dalle diete e in particolare enfatizzando il duplice beneficio della dieta mediterranea per la salute umana e per la riduzione dell’impronta ambientale sugli ecosistemi)”.

I relatori del primo dibattito online sul Protocollo di Milano – oltre a Carlo Petrini, erano presenti il direttore Scientifico di Wwf Italia Gianfranco Bologna, e Riccardo Valentini, direttore della Divisione Impatti del clima presso il Centro Euromediterraneo sui cambiamenti climatici e membro dell’Advisory Board Bcfn - hanno individuato una serie di interventi da inserire all’interno del Protocollo.
Tra questi:

Promuovere uno sviluppo sostenibile. Attualmente si prevede una perdita di raccolto del 2% su scala globale ogni anno fino al 2030, perdita destinata ad aumentare se il riscaldamento globale supererà i 4 gradi centigradi e, contestualmente, si assiste a un aumento della popolazione che supererà i 9 miliardi di persone entro il 2050: diventa fondamentale produrre meglio, ossia risparmiando risorse e prestando attenzione al capitale naturale. Da Petrini e Bologna arriva l’indicazione a rispettare la biodiversità, e su questo punto c’è il pieno accordo con Legambiente il cui modello “della “nuova agricoltura” si basa su un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e delle varietà tradizionali dei territori".
"Questo tipo di agricoltura – afferma Vittorio Cogliati Dezza – è in grado di offrire più rese e più reddito agli agricoltori perché riduce sul medio-lungo termine i costi di coltivazione, aumenta la fertilità dei suoli, la salubrità delle piante e la resilienza degli agroecosistemi, offre alle aziende agricole opportunità di integrazione di reddito e diversificazione dei rischi grazie agli avvicendamenti e all’uso integrato delle colture”;

Difendere il ruolo delle comunità del cibo - sull’esempio di Terra Madre – in quanto virtuosi esempi della difesa della tradizione che, raccomanda Petrini, “necessita di essere trasmessa alle giovani generazioni”, le quali devono esercitare un ruolo di primo piano nel contribuire alla stesura del Protocollo. Un ponte tra passato e futuro (senza disdegnare le nuove tecnologie che possono aiutare i contadini in versione 2.0) dato che sono già molti i giovani convertiti all’agricoltura, alla ricerca di un nuovo modello di vita e di nuovi valori.

Il Protocollo di Milano si caratterizza per essere un accordo volontario che conta sul consenso delle parti che lo sottoscrivono. È un lavoro di squadra che coinvolge cittadini, governi, privati” afferma Riccardo Valentini.

Da oggi è anche scaricabile in Pdf la “Guida alle Buone Pratiche” con consigli utili per attuare comportamenti virtuosi e rispettosi dell’ambiente.

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