Il mondo analogico e materiale dell’agricoltura e quello squisitamente virtuale e digitale del web possono essere coniugati in maniera proficua? È  una delle domande che ci si è posti a Roma nel corso del convegno “Google Big Tent – Made in Italy: la sfida digitale”, organizzato da Google in collaborazione con Unioncamere per parlare del rapporto sinergico tra digitale ed eccellenze italiane.

All’incontro hanno partecipato Nunzia De Girolamo, ministro delle Politiche; Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere; Riccardo Monti, presidente Ice; Susanna Camusso, segretario generale Cgil; Francesco Sacco, steering board per l’attuazione dell’agenda digitale ed Eric Schmidt, executive chairman di Google.

Il valore economico della rete globale è da capogiro: nei Paesi del G-20 l’economia Internet è pari al 4% del Pil e contribuisce in media al 21% della crescita annua del prodotto interno lordo.
Limitandoci all’Italia, si può affermare che per ogni euro di crescita del Pil da qui al 2015, in media 15 centesimi saranno riconducibili all’espansione dell’Internet economy e nel 2015 il contributo fornito da Internet all’economia oscillerà tra il 3,3% e il 4,3% del Pil, raggiungendo un valore di 59 miliardi di euro.
Nel 2012, in Italia il numero di persone che ha effettuato acquisti online è cresciuto del 30%, sfiorando i 12 milioni, dato che corrisponde a circa il 40% degli utenti Internet del nostro Paese.

Nel corso degli anni, Google ha realizzato diverse iniziative finalizzate a incrementare il processo di avvicinamento al digitale delle aziende italiane, partendo con la ricerca – condotta con la ConfederazionenNazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa – di giovani digitalizzatori in grado di supportare le Pmi italiane e conclusa con l’unione a Unioncamere nel progetto “Distretti sul web”, che si propone di sensibilizzare e formare le Pmi di 20 distretti industriali italiani sulle opportunità offerte dal web mettendo a loro disposizione le competenze di 20 giovani che si sono aggiudicati una delle borse di studio messe a disposizione da Google e che, dopo aver avuto la possibilità di seguire un percorso formativo sugli strumenti e sulle opportunità offerte dall’economia digitale, si stanno ora confrontando con le sfide affrontate dalle Pmi.

Ma in che misura il made in Italy potrebbe sfruttare le potenzialità della rete? Parecchio, se si considera che le ricerche legate al made in Italy registrano un +8% rispetto allo scorso anno, con moda e auto in testa alle categorie più cercate su Google, seguite dal turismo e dall’alimentare.
Con la crescita della rete mondiale, il web apre anche mercati nuovi, tant’è che sebbene Francia, Germania, Spagna e Regno Unito siano le destinazioni predominanti per l’export delle aziende italiane, i Paesi da cui arrivano il maggior numero di ricerche fatte su Google e legate al made in Italy sono Stati Uniti ed Europa, seguiti da Giappone, Russia e India, dove si registra la crescita maggiore.

Al crescere del livello di maturità digitale, cresce la percentuale di aziende che esportano, passando dal 55% delle imprese non digitalizzate al 67% delle imprese attive sul web ed è provato un legame diretto tra maturità digitale delle imprese ed export, con le medie imprese digitalmente avanzate che realizzano il 39% del fatturato legato all’export attraverso il canale digitale.
L’Italia rimane però un paese "semianalfabeta" dal punto di vista della cultura digitale e, a livello istituzionale, in questo senso si stanno solo ora facendo i primi timidi passi verso una parziale soluzione concreta del problema.

“Attualmente ci stiamo confrontando con tre priorità: la creazione di un’anagrafe centrale digitalizzata, quella della cosiddetta ‘identità digitale’ e lo sviluppo di un sistema di fatturazione elettronica” ha dichiarato Francesco Sacco nel suo intervento. “Quello che deve essere chiaro è che l’economia digitale non sta affiancando quella tradizionale, bensì la sta trasformando in qualcosa di completamente nuovo. Stati e aziende che non siano in grado di riconoscere questa trasformazione sono destinati al fallimento”.  

La virata verso l’economia digitale porterebbe peraltro anche notevoli benefici nel mondo del lavoro. In media per ogni posto di lavoro perso a causa dell’arrivo del web in Italia, lo stesso ne ha creati 1,8 e l’aumento della diffusione di Internet del 10% comporta un aumento dell’occupazione giovanile di 1,47 punti percentuali. Il dato reale nazionale potrebbe essere ancora maggiore se si considerano gli enormi margini di sviluppo nel nostro Paese e che ad oggi in Italia solo tre Pmi su dieci si avvalgono del commercio elettronico come canale addizionale di vendita o di acquisto.

“La rete è una struttura utile a superare la crisi ma disegna anche nuovi equilibri. Il sindacato è già pronto a confrontarsi con i nuovi scenari lavorativi che si stanno creando  - ha detto Susanna Camusso ma è imperativo che si facciano forti e decisi investimenti nella formazione e nelle tecnologie innovative”.


Il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo

La necessità di investire in innovazione è stata un punto cardine anche dell’intervento del ministro De Girolamo. “Sono convinta che sia questo il comparto su cui investire per aiutarci a superare la crisi. Abbiamo davanti delle sfide importanti, dobbiamo sviluppare un’agricoltura 2.0, bisogna far capire ai nostri imprenditori agricoli quanto sia fondamentale collegare tradizione e innovazione. Ecco,  per fare questo la collaborazione con Google è fondamentale e può essere davvero un’opportunità di crescita enorme. La strada da seguire è quella dell’innovazione – ha proseguito il ministro -. Già abbiamo investito risorse per migliorare le condizioni che possono mettere in rete i nostri imprenditori agricoli, ora dobbiamo proseguire, estendendo la banda larga e affiancando Google. Il progetto del Mipaaf con la multinazionale è straordinario e rappresenterà un momento di grande comunicazione dell’agroalimentare italiano nel mondo. Attraverso le possibilità che ci sono date dal web possiamo garantire a tutti uguali occasioni di partenza”.


Per quanto riguarda lo specifico del settore primario, in generale quello che è emerso è che, al di la delle piattaforme informative, l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali in agricoltura rimane in ancora limitata per quanto riguarda il processo produttivo, mentre già nella fase di trasformazione e, soprattutto in quella della commercializzazione e della penetrazione sui mercati, il web può fare la differenza. 
Un esempio è quello portato dalla Torrefazione Caffè Carbonelli di Napoli, che ha saputo ‘leggere’ la crisi e affiancato alla produzione di caffè in grani quella di cialde, utilizzando l’e-commerce per fare del proprio prodotto uno dei più venduti sul web decuplicando in quattro anni il fatturato.
Se l’e-commerce è stato fondamentale per il caffè, lo stesso non può dirsi per il settore del vino, dove in base all’esperienza della Marchesi de’ Frescobaldi, il contatto diretto con il prodotto rimane per il momento un elemento prioritario nella decisione di acquisto. Questo non significa che l’azienda non continui a investire nelle tecnologie digitali, traendone un indiscusso vantaggio in termini di visibilità e marketing.
Proprio il tema della visibilità, ovvero di un web interpretato come vetrina globale e interattiva in cui presentare prodotti e produttori ha accomunato tutti gli interventi delle varie aziende ed è stato approfondito da Daniela Celledoni, responsabile marketing del Consorzio del prosciutto San Daniele, che ha posto anche l’accento su una funzione importantissima della presenza attiva del made in Italy sul web: la lotta alla contraffazione. In base alla loro esperienza, infatti, la conoscenza del prodotto di qualità che il web può offrire ai potenziali clienti si sta dimostrando fondamentale nella protezione dei prodotti ‘originali’ da contraffazioni. Come dire: “Se li conosci, li riconosci”.


Eric Schmidt, executive chairman di Google

Ha chiuso l’incontro Eric Schmidt: “Nel cercare la propria strada, l’Italia, in cui l’economia internet è a poco più del 2% del Pil, ha dalla sua un potenziale unico che deriva dalla sua tradizione. Ossia, da quello che all’estero siamo ormai abituati a chiamare il made in Italy".
L’Italia è un brand riconosciuto. Il made in Italy è ideale per avere successo in internet e quello che ne risulta è un grande potenziale per l’export: i prodotti di nicchia non sono più costretti in mercati di nicchia.
Portare l’economia italiana nel digitale non deve significare snaturare la vostra economia e abbandonarne i settori di punta, nel tentativo di creare in Italia una nuova Silicon Valley; significa piuttosto utilizzare internet come tecnologia abilitante, come strumento per analizzare i mercati, far conoscere il proprio prodotto e raggiungere i potenziali clienti.

Il made in Italy, però, oggi non è abbastanza presente online e non usa abbastanza la rete per riuscire in questo obiettivo. Serve una maggiore capacità delle imprese italiane, tutte, anche le più piccole, di farsi vedere agli occhi del mondo attraverso internet.
"Come Google - ha proseguito Schmidt - abbiamo deciso di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il made in Italy alla conquista dell’economia digitale.

Ci concentreremo su tre aree: far conoscere le eccellenze nascoste dell’Italia, diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali e valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale dell’economia italiana.
L’Italia è straordinaria nel mondo, se questa straordinarietà riusciamo a portarla online, un piccolo pezzettino per volta, ne deriverà un grande contributo alla crescita del paese. E noi siamo qui per fare la nostra parte”.