È un’Italia a due velocità quella descritta a Roma nel corso dell’assemblea Federvini ed emersa dalla presentazione del  primo studio nazionale sulla filiera vino, spiriti e aceti.

In controtendenza rispetto a un mercato interno in contrazione, in termini di valore nel 2012 si è registrato un export pari a 4,8 miliardi di euro (+6,7% sul 2011) nel comparto vini e mosti, a fronte di una contrazione in termini di volumi (-8,6%). Germania, Regno Unito Stati Uniti, Cina (+6% in volumi) e Giappone (+16,6% in volumi) i principali mercati.
Nel settore acquaviti di vino e di vinaccia si è evidenziata una riduzione del 13,1% sulle quantità, cui ha fatto fronte un sensibile incremento (+18%) in termini di valore. Positiva, sia per volumi che per valore, la performance della grappa, mentre i liquori e le altre bevande alcoliche hanno registrato un +11,3% sui volumi e un +4,8% in valore. Gli aceti sono leggermente cresciuti sia in termini di volumi (+0,7%) che di valore (+5,89%).

Per quanto riguarda i mercati di sbocco, nel settore del vino il 52,7% del valore va riferito all’Unione europea, mentre il 47,3% ai Paesi extra Ue. Il settore acquaviti è stato concentrato per il 73,2% in ambito continentale, unitamente ai liquori che esportano il 67,9% in UE. Controcorrente gli aceti, di cui il 48,7% è destinato al mercato europeo e il 51,3% ai paesi extra UE.?Traducendo in cifre, il settore genera un valore aggiunto di 13,2 miliardi di Euro (pari allo 0,83% del Pil nazionale), occupa quasi 1.200.000 addetti (pari al 5,1% della forza lavoro totale in Italia) e assicura entrate fiscali e contributive per 8,5 miliardi di Euro (1,3% del totale italiano).

Nonostante le invidiabili performances, tuttavia, il settore soffre una serie di problemi che vanno da una scarsa attenzione delle istituzioni a una serie di mancanze nell’attività di promozione verso i mercati esteri, che si aggiungono a problemi di carattere più ‘strutturale’ prevalentemente legati a costi, burocrazia e regimi normativi.

L’internazionalizzazione
Per fronteggiare il costante decremento dei livelli di consumo registratosi anche nel 2012, il presidente di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, ha proposto un chiaro indirizzo: “Occorre adottare strategie condivise tra i diversi attori della filiera produttiva, per creare accordi che permettano di entrare in mercati dalle enormi potenzialità (come il Brasile) ma complessi. Una prima opportunità saranno sia i prossimi Campionati del mondo di calcio, che si giocheranno nel 2014 in Brasile ma, soprattutto, Expo 2015 a Milano, una vetrina che gli addetti ai lavori dovranno valorizzare compiutamente”.

“L’Esposizione universale del 2015 è una straordinaria opportunità di rilancio per l’Italia”, ha affermato Diana Bracco, presidente Expo 2015 e Commissario generale del Padiglione Italia. “Quello di Milano sarà il primo grande evento del dopo crisi, soprattutto nella difficile congiuntura attuale. L’Expo sarà un eccezionale volano anticiclico di sviluppo economico e occupazionale. L’eccellenza del nostro modello ha fatto in modo che l’Italia abbia il più alto numero di prodotti Dop e Igp di tutta Europa. Il vino è uno degli elementi centrali della nostra cultura. Al vino, come agli spiriti e agli aceti sono legati prodotti, esportazioni, feste e tradizioni locali che fanno grande il nostro Paese e che troveranno una vetrina d’eccellenza nel Padiglione Italia. Il cibo, il vino e molti altri tesori sono elementi fondanti la nostra storia ed espressione massima di alcuni dei messaggi di Expo Milano 2015".


Diana Bracco, presidente Expo 2015 (Foto: © Alessandro Vespa - Agronotizie)
Sotto la scure del fisco
Oltre a dover combattere, al pari di tutte le aziende italiane, con i mulini a vento di una burocrazia da quarto mondo, quelle del settore vino devono anche cercare di schivare la scure del fisco. Primo problema: le accise, da più parti proposte per far cassa (sebbene poi sia dimostrato che si è già raggiunto il livello di saturazione) e l’aumento ventilato dell’Iva, previsto per luglio 2013. “Non possiamo sopportare questo nuovo aumento, il mercato non sarebbe in grado di assorbirlo e costituirebbe una penalizzazione ancor più forte poiché l’Iva è percepita anche sull’accisa”, ha dichiarato Ottavio Cagiano, direttore generale Federvini.
Altrettanti problemi e incertezze genera inoltre la contraddittoria applicazione della disciplina sui ritardi nei pagamenti nel settore agroalimentare.

Fare rete per uscire dalla crisi
La richiesta principale del comparto è semplice: essere riconosciuto come un elemento vitale del Sistema Paese, in grado di fungere da traino del made in Italy anche in mercati meno esplorati.
“Per sfruttare queste opportunità e affrontare la fase di contrazione economica e dei consumi, è necessario creare una mentalità di squadra tra i diversi attori del settore, affinché si agisca in rete e si mettano in atto politiche comuni”, ha dichiarato Gancia.
Il gioco di squadra, dunque, è la soluzione per affrontare la crisi individuata anche da Federvini, che declina tuttavia il concetto in maniera molto ampia e convocando per la partita da giocare tutti coloro che siano in qualche modo collegati al mondo delle bevande alcoliche, quasi a creare una sorta di ideale ‘superfiliera’ che vada dal vignaiolo al cameriere del ristorante italiano all’estero, e nella quale è compresa anche parte del mondo della comunicazione, a cui si richiede di recuperare un giusto equilibrio nella diffusione delle notizie, oggi troppo sbilanciata a favore di quelle su scandali, contraffazioni, sequestri e via di seguito.


Nel complesso universo delle bevande alcoliche nostrane rappresentate da Federvini il sistema per uscire dalla crisi salvando al contempo la capra della produzione di valore e i cavoli dei livelli occupazionali, elementi necessari per una contribuzione di sistema al bilancio dello stato, è il varo di una vera strategia di crescita in rete. “Sono convinto che proprio facendo squadra e valorizzando la cultura italiana delle bevande alcoliche, le nostre aziende potranno sviluppare il proprio business con lo strumento delle reti d'impresa, entrando con maggior efficacia in importanti mercati nei quali c’è spazio e domanda per il prodotto italiano”, ha concluso Gancia.