Nel 2012 le coltivazioni ogm nel mondo sono aumentate cento volte rispetto al 1996: sono 170,3 milioni gli ettari coltivati a fronte di 1,7 milioni dell'anno della commercializzazione delle prime piante biotecnologiche. A farla da padrone sono i Paesi in via di sviluppo che per la prima volta superano quelli industrializzati: detengono infatti il 52% delle aree mondiali coltivate con colture geneticamente modificate nel 2012. A renderlo noto è l'Isaaa, l'International service for the acquisition of agri-biotech applications, che ha recentemente pubblicato un rapporto sullo status globale della commercializzazione di coltura biotech/ogm.

I dati riportati parlano chiaro, si tratta di una crescita senza precedenti: le superfici coltivate a ogm sono aumentate del 6% rispetto al 2011, ovvero 10,3 milioni di ettari in più.

 

I Paesi

Gli Stati Uniti sono ancora i primi produttori di coltivazioni geneticamente modificate con 69,5 milioni di ettari, mentre tra i Paesi in via di sviluppo, i primi sono la Cina, l’India, il Brasile, l’Argentina e il Sud Africa, che coltivano il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari). Dallo scorso anno alla lista di produttori di ogm si sono aggiunti anche Cuba e Sudan.


Assobiotech Federchimica

"Nonostante i benefici che ne potremmo ricavare, in prima istanza per il milione di ettari di mais che coltiviamo a favore delle produzioni della nostra filiera, in Italia non siamo nemmeno stati capaci di riaprire la sperimentazione. Il dibattito sul tema è sempre più sterile, come se fossimo di fronte a una tecnologia sconosciuta e i vantaggi produttivi e la sicurezza fossero ancora da dimostrare". Così Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec, commenta dei dati dell’Isaaa.

Sidoli ricorda che in questi 17 anni "non si è verificato alcun problema" e che l'Italia dovrebbe seguire la direzione di un'agricoltura che regge la sfida dei costi e della qualità "per mantenere competitiva la filiera zootecnica e avere a disposizione alimenti per il bestiame più sani”.


"Gli ostacoli seminati dalla normativa italiana" conclude il presidente di Assobiotec "sono stati giudicati illegittimi dall'Unione europea ed è necessario restituire ai coltivatori italiani la libertà di scelta che le leggi europee prevedono". Sidoli sottolinea inoltre che la ricerca nazionale deve essere rivitalizzata dato che "è stata soffocata deliberatamente senza nemmeno valutarne i risultati".

 

Coldiretti Veneto

Di diverso parere è Coldiretti Veneto che in una nota evidenzia come in Europa siano rimasti solo cinque Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare ogm, con 129 ettari di mais transgenico piantati nel 2012, "una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria".

Secondo l'organizzazione agricola si confermerebbe così l’opposizione degli europei alla diffusione del transgenico in agricoltura. "La maggioranza degli Stati membri - si legge in una nota di Coldiretti Veneto -, in primis l’Italia, vuole difendere le proprie produzioni territoriali da contaminazioni con le colture geneticamente modificate, vista anche la forte contrarietà dei consumatori (il 71% degli italiani non vuole il cibo transgenico secondo un’indagine Coldiretti/Swg) ad acquistare tali prodotti. Essere liberi dagli organismi geneticamente modificati rimane una leva importante per posizionare i nostri prodotti ad un livello di maggiore interesse nel panorama economico mondiale".



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