Dalla prossima vendemmia porteremo finalmente in tavola in vino biologico: 'finalmente', perché ci sono voluti oltre vent'anni per giungere a un regolamento europeo, condiviso e uguale per tutti, che definisca una volta per tutte cosa è bio e cosa non lo è nel bicchiere.

Perché non di sole uve, si sa, vive il vino: la nuova definizione certificherà anche le tecniche di produzione e di conservazione. A partire dal primo agosto 2012, ora X del vino biologico, sparirà la definizione di 'vino ottenuto da uve biologiche che, al momento, il consumatore può trovare sugli scaffali di enoteche e supermercati, e la miriade di disciplinari diversi che porta con sé.

Una svolta storica, giunta oltre vent'anni dopo l’entrata in vigore della normativa europea sull’agricoltura e i prodotti biologici. Abbiamo chiesto un parere a Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, e a Vito Russo, esperto della Federazione per l'industria alimentare.

 

In che cosa consiste il nuovo regolamento per il vino bio? Quali pratiche enologiche sono proibite e quali invece sono ammesse?
"I nuovi requisiti sono sostanzialmente quattro - spiega Vito Russo - . Innanzitutto i prodotti vitivinicoli sono ottenuti solo da materie prime biologiche, mentre prima era implicito; secondo poi, ed è questa la vera novità, vi sono restrizioni delle pratiche enologiche. In terzo luogo viene stilata una lista positiva delle sostanze ammesse (additivi+coadiuvanti) e, infine, vi è una limitazione dei solfiti, anche se molto debole.

Le pratiche enologiche sono basate sul Reg. CE 606/2009 vigente alla data del 1.8.2010 e per il bio valgono le seguenti restrizioni: i trattamenti termici devono essere inferiori a 70°C e nella filtrazione la dimensione dei pori non può essere inferiore a 0.2μm. Mentre sono vietate le seguenti pratiche: elettrodialisi per la stabilizzazione tartarica; concentrazione parziale a freddo dei vini; scambio cationico per la stabilizzazione tartarica; eliminazione fisica della  SO2; Dealcolizzazione parziale. La Commissione prevede la revisione entro 01/08/2015 delle seguenti pratiche attualmente ammesse:osmosi inversa (per l’arricchimento dei mosti); resine a scambio ionico per i MCR e i trattamenti termici.

In merito alle sostanze, è stata definita una lista positiva delle sostanze ammesse in biologico (44 contro le 68 previste dal convenzionale – Reg. CE 606), mentre sono vietate le seguenti sostanze: Bisolfito d’ammonio, Betaglucanasi, Acido Malico, Chitosina, Tartrato di Calcio, Chitina-Glucano, Polivinilimidazolo, Polivinilpirrolidone, Lisozima, Ferrocianato di Potassio, Fitato di Potassio, Dimetilcarbonato, Ureasi, Carbossimetilcellulosa, Alginato di Calcio, Sorbati.


Come verrà applicato il nuovo regolamento ai vini già nelle cantine?
"Questo aspetto, in particolare, verrà normato in Italia con un apposito Decreto ministeriale, in fase di pubblicazione, che prevede la possibilità per le aziende che erano già inserite nel sistema di controllo prima della data di pubblicazione del Regolamento (8 marzo 2012) di etichettare il vino come biologico previa verifica da parte degli organismi di controllo delle giacenze di vino e della conformità delle tecniche di cantina", chiarisce il presidente Carnemolla.


Cosa cambierà, nella pratica, per produttori e consumatori?
"Per i consumatori sarà finalmente possibile acquistare vini ottenuti per tutto il ciclo produttivo e di cantina secondo i principi e le regole della normativa europea sui prodotti biologici, potendo inoltre contare su livelli di solfiti aggiunti normalmente inferiori a quelli dei vini convenzionali - spiega il presidente di Federbio -. Per i produttori sarà possibile, finalmente, utilizzare la dicitura “vino biologico” e apporre il logo europeo sulle bottiglie". 

"Un ulteriore vantaggio per i produttori - aggiunge Vito Russo - consiste nella possibilità di impiegare i prodotti vitivinicoli conformi al Reg. 203 come ingredienti di altri alimenti biologici (es. zucchero d’uva, aceti, etc.)".


Quali effetti avrà sull'export di vino italiano?

"Gli effetti saranno certamente positivi, considerato che l’Italia è stato il Paese dell’Ue che fino a ora ha applicato nella maniera più restrittiva la vecchia normativa sul divieto dell’uso del logo europeo e del termine biologico riferito al vino. Ora le iniziative promozionali e di marketing anche sui mercati esteri, nei quali la concorrenza si fa sempre più agguerrita, potranno essere molto più efficaci", pronostica il numero uno di Federbio.

 

Come si pone Federbio rispetto a questo risultato? Siete soddisfatti?

"Anche se il Regolamento è stato frutto di un compromesso al ribasso rispetto alle richieste dei Paesi del centro e nord Europa, in particolare per quanto riguarda le quantità ammesse di solfiti e altre pratiche enologiche, FederBio ha ritenuto opportuno privilegiare la possibilità per le nostre imprese di poter etichettare in maniera finalmente compiuta i loro vini e poter utilizzare il logo europeo. Per i miglioramenti ci sarà tempo, ora ci sono più di 20 anni di oblio da recuperare" spiega Carnemolla.

L'esperto sottolinea che alcune criticità devono ancora essere risolte prima che il regolamento entri in vigore: "Alcuni divieti e restrizioni (es. trattamenti termici max 70°C, divieto della desolforazione fisica) sono accettabili se riferiti al vino in senso stretto, ma hanno un impatto negativo su altri prodotti rientranti nel campo di applicazione del regolamento, quali i mosti concentrati, mosti concentrati rettificati, mosti cotti, aceto balsamico di Modena e  aceto balsamico tradizionale".

 

Il via libera al vino bio è arrivato l'8 febbraio 2012 dallo Scof (Standing committee on organic farming, Comitato permanente per la produzione biologica a Bruxelles). Una battaglia cominciata nel 1991 quando, ricorda Federbio, "il primo regolamento europeo sul biologico ha escluso i vini dal suo campo di applicazione". Da allora i coltivatori biologici si sono attivati per valorizzare al meglio i loro prodotti, fino ad arrivare, nel 2010, alla Carta europea del vino biologico, un disciplinare privato nato dall'iniziativa di alcune organizzazioni biologiche europee. 

"Il regolamento europeo appena approvato è comunque frutto di un compromesso che non accoglie del tutto le richieste dell’Italia e dei Paesi mediterranei - conclude la Federazione -. Ancora molte cose dovranno essere fatte per una vera tutela del vino bio".

 

Il vigneto biologico in cifre

 

Secondo il Sinab, il Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica del ministero delle Politiche agricole, in Italia nel 2012 gli ettari coltivati a vite biologica erano 52.273, di cui 21.931 in conversione. La stragrande maggioranza di vite bio è destinata alla vinificazione (50.563 ettari).

Per quanto riguarda la distribuzione regionale, la Sicilia fa certamente la parte del leone: con un notevole +65,5% rispetto ai 10.337 ettari del 2009 arriva a 17.110 ettari: nel 2010. Un ulteriore segnale che il vino bio piace e continua a crescere. Seguono la Puglia, con 8.365 ettari (+11,9% rispetto al 2009) e la Toscana, con 5.999 ettari (+12,4%).